Campioni in carica: un ruolo difficile da gestire

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.
________________________________________________________________

Ieri si è consumata la rovinosa eliminazione della nazionale spagnola, Campionessa del Mondo in carica, dai Mondiali brasiliani.

Ancora una volta, quindi, non solo i precedenti campioni non sono riusciti a confermarsi, ma hanno anzi rimediato una figura barbina.

Nulla di strano o di nuovo, insomma.

Del resto nel corso della storia solo due nazionali sono riuscite nell’impresa: l’Italia di Pozzo, capace di vincere in serie le rassegne iridate del 1934 e del 1938, ed il Brasile di Pelè, vittorioso sia nel 1958 che nel 1962.

E poi?

E poi per lo più figure barbine, almeno in tempi recenti.

A cominciare proprio dal naufragio spagnolo ai Mondiali in corso, con una squadra la cui dorsale storica è ormai per lo più sul finire di carriera, ed un Del Bosque che non ha avuto il coraggio di rinnovare la rosa, tagliando nomi eccellenti che però poco avevano da dare, almeno in quanto ad intesità, a questa squadra.

Un discorso simile vale anche per il Mondiale del 2010, quando i campioni in carica eravamo noi: ultimo posto in un girone più che morbido, frutto dei due pareggi iniziali con Paraguay e Nuova Zelanda e del collasso finale rimediato contro la Slovacchia.

Le cose andarono meglio, ma comunque sotto alle aspettative, al Brasile quattro anni prima, in Germania. Girone dominato grazie alle vittorie su Croazia, Australia e Giappone, secco 3 a 0 al Ghana agli ottavi e poi la sconfitta rimediata ai quarti ad opera della Francia, griffata da un goal di Titì Henry.
Non arrivare alle semifinali, per una squadra come il Brasile (più che mai se campionessa in carica) è considerabile un fallimento.

Altra eliminazione pesante si era compiuta nel 2002, quando a presentarsi col titolo di campione del mondo (e d’Europa) fu la Francia. Inserita in un gruppo certo non proibitivo, la nazionale transalpina partì venendo sconfitta 1 a 0 dal Senegal, pareggiò 0 a 0 con l’Uruguay e cedette 2 a 0 al cospetto della Danimarca all’ora dell’ultimo match del girone, tornando quindi a casa con le pive nel sacco (ed un bottino di reti segnate che recitava ZERO, nonostante in rosa ci fossero attaccanti come Cissè, Wiltord, Henry, Trezeguet e Dugarry).

Per ritrovare una nazionale capace di fare davvero bene presentandosi ai nastri di partenza da campione in carica dobbiamo quindi risalire addirittura a Francia 98, quando il Brasile seppe arrivare sino in finale per cedere solamente sotto i colpi dei padroni di casa (e di uno Zidane straordinario).
Ma quello era il Brasile di un campione eccezionale come Ronaldo (presente al trionfo di quattro anni prima pur senza giocare, ed a quello di quattro anni dopo quando invece si laureò capocannoniere) e tanti altri giocatori eccellenti.

Poi?

Nel 1994 la Germania vinse il proprio girone – piuttosto comodo, posto che oltre alla Spagna vennero sorteggiati con Corea del Sud e Bolivia -, battè di misura il Belgio agli ottavi e cedette al cospetto della Bulgaria di Stoichkov ai quarti, venendo eliminata anzitempo dalla competizione.

Bene invece l’Argentina nel 1990. In Italia Maradona e i suoi seppero infatti arrivare sino in finale, venendo battuti solo da un calcio di rigore del terzino Andreas Brehme.

Nell’86 Italia fuori agli ottavi (eliminata dalla Francia di Platini, poi terza), nell’82 Argentina – di Maradona – fuori nella seconda fase a gruppi (per mano dell’Italia, che in quel turno fece fuori anche il Brasile di Zico e Socrates), così come la Germania Ovest del 78 (che finì dietro ad Olanda ed Italia). Il Brasile del 74 seppe invece arrivare quantomeno in semifinale, terminando poi quel Mondiale al quarto posto, mentre nell’edizione precedente gli inglesi vennero fermati ai quarti dai tedeschi. Nel 66, ancora, il Brasile di Pelè e Garrincha si fermò addirittura al primo turno, battendo 2 a 0 la Bulgaria all’esordio per poi cedere sotto i colpi dell’Ungheria di Bene e del Portogallo di Eusebio.

Insomma, quello del Campione in carica ad un Mondiale è un ruolo davvero scomodo, che solo raramente riesce ad essere interpretato con efficacia da chi si trova a recitarlo.

I motivi possono essere molteplici: appagamento, imbolsimento, fine di un ciclo… o anche incapacità di aprirne uno nuovo, troppa pressione, ricambi non all’altezza.

Sia come sia, non c’è da stupirsi se la Spagna abbia fallito a questo Mondiale. La storia racconta che sarebbe stato più strano il contrario…

________________________________________________________________

Facebook      Twitterblog      Twitterpersonale      G+      Youtube      Instagram