Champions League 2.0: ennesima euro-rivoluzione in arrivo?

Una nuova rivoluzione potrebbe abbattersi nei prossimi anni sulle competizioni europee per club: nasce la Champions League 2.0?

Champions League 2.0

Dopo il terremoto che a cavallo del cambio di millennio portò al passaggio da Coppa dei Campioni e Coppa Uefa a Champions League ed Europa League, con contestuale sparizione della Coppa delle Coppe, e dopo la recente modifica che ha riportato a 4 il numero di squadre italiane qualificate alla competizione, sembra infatti che un nuovo sconvolgimento potrebbe abbattersi sulle competizioni europee per club, con l’idea della creazione di una Champions League 2.0.

Allo studio degli esperti ci sarebbe infatti una nuova possibilità, che con calma proverò ad illustrare qui sotto. Partendo dai dovuti presupposti che fanno postulare la necessità di un cambiamento.

La situazione odierna

Quanto si vive negli ultimi anni a livello di competizioni nazionali è un trend ormai chiaro anche in Europa, dove nelle ultime dieci stagioni – da quando cioè i ricavi UEFA hanno iniziato a crescere di un 20% a triennio – ci sono state solamente sette squadre capaci di ergersi sul tetto d’Europa (su undici edizioni), vincendo la Champions League:

  • Barcellona (2006, 2009, 2011, 2015)
  • Real Madrid (2014, 2016)
  • Milan (2007)
  • Manchester United (2008)
  • Inter (2010)
  • Chelsea (2012)
  • Bayern Monaco (2013)

Sette società differenti ma con un minimo comune denominatore: la presenza nel rapporto Deloitte che annualmente stila la classifica delle venti società europee con i ricavi maggiori.

Allargandoci alle semifinaliste e limitandoci sempre agli ultimi dieci anni, troviamo solo tre squadre non presenti nel report “Football Money League” ad essere state capaci di finire tra le prime quattro:

  • Villarreal (2006)
  • PSV (2007)
  • Lione (2010)

Ancora: delle otto compagini capaci di raggiungere in questo lasso di tempo in più di un’occasione la semifinale, una è il Milan – ma è comunque roba di dieci anni fa, appunto -, le altre sette sono tutte nelle prime nove posizioni del report Deloitte. Assieme a PSG e Manchester City, i cosiddetti “nuovi ricchi” (che, aggiungo, dieci anni fa ancora non avevano intrapreso l’attuale percorso di espansione, quindi per ovvi motivi viaggiano ad handicap in quanto a risultati sportivi sul decennio).

I perché di una rivoluzione

Detto della situazione odierna, perché si sta studiando una Champions League 2.0?

La motivazione principale che forniscono risiede nello scarso appeal della sorella minore della massima competizione europea per club. Un appeal in calo ormai da quasi due decadi, dovuto da una parte all’esplosione del fenomeno delle pay tv e dall’altra – aggiungo – dalla (conseguente) riforma delle competizioni europee, che ha di fatto svuotato fortemente di significato e di contenuti tecnici l’Europa League.

Da qui, quindi, lo snobismo che si è potuto iniziare a notare da parte di diverse società – in primis italiane, purtroppo – nei confronti della competizione europea minore. Che, ricordo i dati visti alcuni anni or sono, consegnava un tesoretto alla propria campionessa inferiore a quanto il club con il percorso peggiore guadagnava giocando – e magari perdendo sempre – in Champions League. Una discrepanza di trattamento economico che ha appunto portato in molti casi ad una sottovalutazione di questa competizione, a favore del concentramento delle forze sul campionato (con relativa possibilità di qualificarsi in Champions ed accedere così ad una possibilità di ricavi – molto – maggiore).

Concatenato allo svuotamento di contenuti tecnici, ad una minor attenzione mediatica generale e perché no anche alla succitata trascuratezza con cui diversi club hanno iniziato ad approcciarsi all’Europa League, la competizione stessa ha iniziato ad avere meno presa anche su tifosi ed appassionati, producendo un gap di interesse sempre maggiore rispetto alla Champions League.

Champions League 2.0: obiettivi

  1. Aumentare proporzionalmente il numero di squadre partecipanti per tutte le nazioni.
  2. Aumentare la competizione interna ai campionati maggiori, con un numero più alto di club che accedendo alla Champions League 2.0 aumenterebbero i propri ricavi e di conseguenza la loro – almeno teorica – competitività.
  3. Rendere più attrattivi i campionati minori, aumentando la conoscenza media degli stessi attraverso un numero maggiore di squadre partecipanti alla Champions League 2.0.
  4. Migliorare la qualità del torneo attraverso l’eliminazione della regola relativa al goal fuori casa (ed alla differenza reti in generale), con reintroduzione di un “replay” in caso di situazione di parità.
  5. Aumentare il numero di partite decisive, ribilanciando i rapporti di forza tra squadre di una stessa fascia e dando la possibilità a squadre di fascia più bassa di ottenere il passaggio del turno.

Partecipanti

Questo studio si pone di unificare, di fatto, le due attuali competizioni per club, arrivando appunto alla creazione di una Champions League 2.0.

Nel farlo si manterrebbero quindi il numero di squadre qualificate in Europa, però tutte convogliate all’interno di una sola competizione.

Prendendo a riferimento l’ultima stagione, quindi, i club qualificati suddivisi per nazione sarebbero questi:

  • 8: Inghilterra
  • 7: Spagna e Germania
  • 6: Francia, Italia, Olanda, Portogallo
  • 5: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Grecia, Irlanda, Russia, Svizzera, Turchia, Ucraina
  • 4: Albania, Armenia, Azerbaijan, Bosnia, Bielorussia, Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Isole Faroer, Georgia, Ungheria, Islanda, Israele, Kazakistan, Lituania, Lussemburgo, Lettonia, Moldavia, Macedonia, Montenegro, Nord Irlanda, Norvegia, Polonia, Romania, Scozia, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Galles
  • 3: Andorra, San Marino
  • 2: Gibilterra
  • 1: Liechtenstein

A questi 236 club se ne aggiungerebbero altri 17, da designare secondo modalità ancora da stabilire, per un totale di 253 squadre partecipanti da ogni angolo d’Europa.



Struttura

  • Primo turno: sfide di andata e ritorno tra 148 club.
  • Secondo turno: le 74 qualificate raggiungeranno altre 10 squadre qualificate di diritto e daranno vita ad un nuovo doppio incontro.
  • Terzo turno: i 42 club passati si uniranno ai 40 qualificati di diritto a questo turno per una nuova sfida di andata e ritorno.
  • Gironi: 41 club qualificati dai turni di qualificazione più 55 qualificati di diritto.*
  • Eliminazione diretta: classico tabellone tennistico dai trentaduesimi di finale in poi.

*Anche la struttura dei gironi cambierebbe, con 32 gruppi da 3 squadre ciascuno (appartenenti a tre fasce di ranking diverse). I gironi sarebbero accoppiati per sorteggio. Ogni squadra giocherebbe quindi quattro match contro le altre due dello stesso raggruppamento più due partite contro la squadra della propria fascia inserita nel girone accoppiato al proprio.

Esempio: Bayern Monaco e Barcellona giocherebbero in due gironi diversi, ma accoppiati. Oltre ad affrontare rispettivamente PSV/Torino e Ajax/Mainz  in gare di andata e ritorno, disputerebbero due gare anche tra di loro, aumentando così il numero di match tra top club nel corso della competizione.

A qualificarsi al turno successivo sarebbero le prime due formazioni di ogni girone.

Calendarizzazione

Una modifica non meno importante riguarda il calendario, che subirebbe una variazione strutturale importante con ben quattro turni aggiuntivi da disputarsi rispetto alla situazione odierna.

La Champions League 2.0 si giocherebbe infatti su 28 settimane (anziché 24) così suddivise:

  • 2 settimane per il primo turno preliminare
  • 2 settimane per il secondo turno preliminare
  • 2 settimane per il terzo turno preliminare
  • 6 settimane per i gironi
  • 3 settimane per i trentaduesimi
  • 3 settimane per i sedicesimi
  • 3 settimane per gli ottavi
  • 3 settimane per i quarti
  • 3 settimane per le semifinali
  • 1 settimana per la finale

Da capire, ovviamente, come e dove si riuscirebbero ad infilare questi quattro turni aggiuntivi.

Numero partite

Fisso sino ai gironi:

  • 148 nel primo turno.
  • 84 nel secondo turno.
  • 82 nel terzo turno.
  • 288 nei gironi.

Variabile dai trentaduesimi in poi, con l’introduzione del “replay” o “Gara Tre” in luogo della regola che qualifica oggi la squadra capace di segnare il maggior numero di goal fuori casa:

  • Tra le 64 e le 96 ai trentaduesimi.
  • Tra le 32 e le 48 ai sedicesimi.
  • Tra le 16 e le 24 agli ottavi.
  • Tra le 8 e le 12 ai quarti.
  • Tra le 4 e le sei in semifinale.

A non variare, ovviamente, la finale, da disputarsi in gara unica.

L’incremento che si avrebbe con l’introduzione di questo modello di Champions League 2.0 rispetto all’accoppiata rappresentata dal formato attuale più l’Europa League sarebbe quindi notevole.

Champions League 2.0

Sorteggio pilotato

Una volta terminata la fase a gironi le 64 squadre rimanenti verrebbero divise in due gruppi, con le prime classificate da una parte e le seconde dall’altra.

A loro volta questi insiemi verrebbero frazionati a metà, dando vita a due sottogruppi, decisi sulla base del ranking UEFA, in questo modo modo:

  • Gruppo A: prime classificate con una posizione nel ranking (relativo solo alle qualificate, quindi non la posizione reale all’interno dello stesso) dispari (prima, terza, quinta, ecc).
  • Gruppo B: seconde classificate con posizione ranking dispari.
  • Gruppo C: prime classificate con posizione ranking pari.
  • Gruppo D: seconde classificate con posizione ranking pari.

Le prime classificate verrebbero posizionate in ordine in base al proprio ranking UEFA, con le squadre del gruppo A ad occupare la parte sinistra del tabellone e quelle del gruppo C ad occupare la destra.

Le seconde classificate verranno invece accoppiate alle prime per sorteggio, con il gruppo D ad intersecarsi con l’A ed il gruppo C ad intersecarsi con il B.

Champions League 2.0

Gara Tre

Come detto, una delle idee fondanti della Champions League 2.0 sarebbe quella di sostituire la regola del goal fuori casa con la “Gara Tre”, ovvero la ripetizione di un terzo match in caso di parità tra andata e ritorno negli scontri diretti.

Secondo i dati raccolti, infatti, un terzo delle gare di Champions ed Europa League degli ultimi cinque anni sarebbe già deciso dopo i primi novanta minuti di gioco.

Prendendo in esame le gare vinte con uno o più goal di scarto dalla squadra fuori casa e con tre o più goal di scarto da quella in casa (oppure un semplice 2 a 0), si è visto come nel 93,5% dei casi questi risultati non siano stati ribaltati, rendendo il 70% delle eliminazioni dirette della competizione regina e il 50% di quelle della sorellina minore facilmente pronosticabili. E, quindi, meno appetibili sul mercato.

Ma come funzionerebbe questa Gara Tre?

L’idea è di non far più pesare il numero di goal realizzati, ma solo vittorie e sconfitte. Ogni gara dovrebbe quindi terminare con un vincitore. In caso di pareggio nei novanta minuti si giocherebbero quindi i supplementari e gli eventuali rigori, anche nei match di andata.

Qualora l’andata venisse vinta da un club ed il ritorno da un altro, si disputerebbe quindi una terza partita secca. Una sorta di “bella”, che deciderebbe la squadra capace di passare il turno.

In questo senso non è specificato su quale campo si disputerebbe la Terza Gara.

Personalmente mi augurerei fosse però campo neutro, così da non favorire nessuna delle due squadre con una seconda gara in casa, a meno da non stabilire che le prime classificate ai gironi partirebbero con questo vantaggio teorico.

Sostenibilità economica

L’idea è che fondendo le due competizioni attuali si potrebbe arrivare ad una ripartizione economica più equa dei premi in denaro.

La succitata enorme differenza tra i riscontri economici della massima competizione continentale per club e quelli dell’Europa League è infatti considerata eccessiva dai padri di questa Champions League 2.0, svuotando di appeal una competizione che come logica conseguenza produce meno ricavi da tv, stadio e sponsorizzazioni di quanto potenzialmente potrebbe.

Nello specifico, la somma totale destinata dalla UEFA ai premi per i club partecipanti alle due competizioni nel triennio 2015-2018 è di un miliardo di euro e spicci (esclusi i più di seicento milioni di market pool), suddivisi con un rapporto di circa 3,5 a 1 tra Champions ed Europa League.

Nell’idea alla base di questa eventuale rivoluzione, invece, integrare le due competizioni servirebbe a dare nuovo appeal ad una competizione europea a tutti quei club che oggi, nei rispettivi campionati nazionali, faticano enormemente più di un tempo a raggiungere le primissime posizioni.

Il montepremi della Champions League 2.0 aumenterebbe del 40,5%, un incremento che gli ideatori pensano di poter coprire con i maggiori introiti derivanti da un numero di partite più cospicuo ed un appeal generalizzato maggiore.

Conclusioni

Questi i punti focali della creazione di una Champions League 2.0:

  • Eliminazione Europa League, competizione con scarso appeal sia per i club che per il pubblico.
  • Aumento delle qualificate alla Champions in modo proporzionale per tutte le nazioni.
  • Più possibilità di qualificazione per i club che hanno forte appeal su sponsor e tifosi (anche extraeuropei).
  • Stimolazione della competizione interna ai singoli campionati, con più ricavi per un numero maggiore di club.
  • Più visibilità per un numero maggiore di club e di campionati.
  • Miglioramento della qualità del torneo con l’eliminazione della regola dei goal fuori casa.
  • Maggior numero di partite decisive, con meno squadre per girone.
  • Più possibilità per le squadre di fascia bassa di poter passare il girone, grazie all’introduzione di sfide tra club di pari livello.

Le mie considerazioni

Partiamo da un concetto generale: il calcio di oggi ha estremo bisogno di essere riformato. Questo perché in primis la competitività interna dei singoli campionati (esclusa la Premier League, che non a caso oggi viaggia su un modello abbastanza unico in Europa) e poi la competitività stessa in Europa (sia Champions che non) sono fortemente ridotte rispetto al passato.

Questo perché la ricchezza si sta polarizzando nelle mani di pochi club, vere e proprie macchine da soldi con fatturati in netta esplosione. Cosa che li porta a vincere di più, con le vittorie che a loro volta fanno da volano ad ulteriori introiti, mettendo in moto un ciclo virtuoso per cui la loro ricchezza, appunto, tende a crescere a ritmi più alti rispetto agli altri club.

L’idea di riformare il calcio di oggi, che personalmente a livello di “struttura” mi piace poco, mi sembra quindi doverosa.

Tanto i campionati nazionali devono cercare di creare maggior competitività al proprio interno con una ripartizione differente degli introiti (come i diritti tv), quanto a livello europeo si deve provare a ridare più appeal all’Europa League così come più competitività ad un numero maggiore di squadre, giusto per non vedere sempre Barcellona, Real Madrid e Bayern Monaco sul tetto della Champions.
Giova infatti ricordare che dal 2009 in poi queste tre squadre hanno vinto in tutto sei titoli su otto, perdendo le altre due coppe in finale (nel 2010 e nel 2012, in entrambi i casi furono i tedeschi a non farcela all’ultimo atto).

In questo senso sono personalmente aperto a valutare qualsiasi proposta, compresa quella qui illustrata di una “Champions League 2.0”.

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Intendiamoci, il fascino del calcio d’antan fa molta presa su di me, ma non si può vivere nel passato. Viviamo in un mondo dall’equilibrio metastabile, dove le cose ogni tot devono per forza di cosa cambiarsi ed aggiornarsi. Anche il calcio.

In passato si è parlato dell’idea di creare una Superlega a livello Europeo. Un’idea con tanti contro, ma anche qualche pro: studiandola a modo da zero, con una ripartizione degli introiti davvero equa, si potrebbe infatti creare una competizione di molto più interessante rispetto sia agli attuali campionati nazionali (che, continuando su questa strada, moriranno comunque) che alla Champions.
Una competizione in cui insomma tutte le partecipanti, con la giusta programmazione, avrebbero davvero chance concrete e reali di provare a vincere. Cosa che oggi non succede, laddove un Empoli ed un’Atalanta pur programmando a dovere le proprie stagioni ed il proprio futuro non potranno mai essere realmente competitive con le big.

In questo senso però la Superlega, per come è stata proposta ed illustrata fino ad ora, sarebbe sicuramente poco meritocratica, dato che tutte (o quasi) le partecipanti sarebbero decise a tavolino, a prescindere dai risultati di campo.

L’idea lanciata con questa Champions League 2.0 parrebbe invece superare il problema, con una qualificazione allargata ma decisa comunque dai risultati interni ai vari campionati nazionali. Di modo che una Fiorentina o un Frosinone di turno, sulla carta, abbiano le stesse chance di qualificazione di una Juventus o un Milan.

Certo, cose da verificare ce ne sarebbero. Come ad esempio l’idea di superare la regola dei goal fuori casa (ci sta, se ne parla da tempo) con la regola della Gara Tre, tutta da verificare nel concreto (ma che sicuramente avrebbe il fascino dell’eliminazione diretta, perché lì o la va o la spacca, non c’è un ritorno per recuperare!).

Inoltre la competitività a livello europeo, in realtà, non verrebbe intaccata. Se all’interno dei singoli campionati è vero che più squadre avrebbero più risorse da utilizzare, a livello continentale le differenze enormi tra i tre succitati top club più qualche inglese e tutte le altre resterebbero praticamente intatte. Un gap che potrebbe quindi non cambiare la monotonia della massima competizione europea, che a mio avviso, continuando su questo binario, rischia comunque di perdere appeal perché sempre più “scontata” nei suoi esiti.

Insomma, delle idee su cui lavorare ci sono di sicuro. La mia speranza, da amante davvero spassionato del calcio come sport, è che si riesca a trovare un modo per rendere più equilibrata ogni singola competizione.


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