Collasso iberico

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Incredibile ma vero, la Spagna dopo due sole partite è già fuori dal Mondiale.

Ebbene sì. La super nazionale capace di vincere consecutivamente due Europei, inframezzati da un Mondiale, ha ceduto il passo, di schianto, al cospetto di avversari di buon livello, ma sicuramente non eccezionali.

Partiamo dal principio: io non avrei MAI immaginato che le cose sarebbero potute andare così. Ok che il tempo passa, ma trovo fosse inimmaginabile che una squadra così talentuosa potesse collassare di punto in bianco.

E attenzione, non mi sono fatto fuorviare, in questo, dall’ottima stagione delle spagnole. Semmai ho pensato che la lotta così serrata nella Liga e l’ottima Champions delle due squadre della capitale avrebbe potuto minare, nell’atletismo, molti giocatori. Ma mai mi sarei aspettato di trovare una squadra così scarica, sotto ogni punto di vista, in Brasile.

Però tutti i cicli sono destinati a finire, e quello spagnolo l’ha fatto nel modo peggiore.

Andiamo a prendere la formazione titolare di quattro anni fa, quella che l’11 luglio del 2010 portò il paese per la prima volta nella storia sul tetto del mondo. Nel farlo noteremo subito come moltissimi di quei giocatori in campo all’ora erano presenti anche stasera al Maracana: Casillas, Ramos, Busquets, Alonso, Iniesta, Pedro… oltre a questi Torres, che entrò dalla panchina, più Fabregas, Xavi, Villa e Piquè, panchinati invece quest’oggi.

Questo ci dice quindi subito una cosa: il ricambio generazionale è stato minimo. E se alcuni di questi giocatori sono a tutt’oggi considerabili nel pieno della carriera, altri – come Xavi o Casillas – hanno invece dato già da qualche tempo evidente dimostrazione di non essere più i Campioni che furono.

Insomma, Casillas un po’ appassito (forse anche dalle tante panchine delle ultime stagioni), Puyol in pensione, Xavi ormai ex calciatore, Iniesta compassato, Villa ai margini della squadra… la dorsale che tanta fortuna ha portato alla Spagna (ed allargando il discorso, con la sola sostituzione di Valdes con Casillas, al Barcellona guardiolano dei miracoli) sta ormai entrando nel libro dei ricordi e la squadra ha risentito oltre modo della cosa.

In questo forse ha contato proprio lo stress derivato da una stagione che per i più è stata logorante, tra una Liga decisa solo all’ultima giornata ed una Champions che, appunto, ha portato ben due spagnole in finale.

Immagino però che ora in Spagna si apriranno i processi, ed il primo a salire sul banco degli imputati non potrà che essere il C.T., Del Bosque. Capace sì di sfruttare l’onda lunga dei successi barcelonisti per mettere in cascina Mondiale ed Europeo in rapida successione, ma anche incapace di cogliere i segnali di fine di un’epoca, non rinnovando una nazionale che avrebbe avuto bisogno di freschezza per reggere una ennesima prova così logorante, soprattutto da un punto di vista mentale.

Mai, nella storia recente, una squadra campione in carica si era presentata con così tanti reduci dall’edizione precedente ad un Mondiale, e questa scelta non ha – evidentemente – pagato.

Del Bosque che è il primo imputato per un motivo semplice: se nessuno di noi, da fuori, poteva immaginare un crack così fragoroso dell’equipazo spagnolo, lui, da dentro, non può non essersi accorto di nulla.

E a seguire, su quel banco, ci finiranno un po’ tutti.

Casillas, autore di due prestazioni mostruosamente brutte. Uno dei migliori portieri dell’ultima decade, senza ombra di dubbio. Troppo arrugginito per poter continuare ad essere arma in più, si è addirittura rivelata una trappola per i suoi.

Piquè, che senza la transizione negativa implicita nel cosiddetto “tiki-taka” si è dimostrato quello che io, prendendomi anche diversi insulti, ho sempre pensato fosse: un difensore normale, tecnicamente dotato oltre la media e forte di un buon fisico. Ma pur sempre un giocatore normalissimo.

Ramos, autore di una stagione strepitosa e probabilmente arrivato scarico a livello mentale a questo pur importantissimo appuntamento (dopo aver vinto già tutto in Nazionale, però, probabilmente sentiva più il “dovere” di vincere la Decima, che non di rivincere il Mondiale… ma sono meccanismi inconsci in cui è difficile entrare).

E via con Xavi, come detto ormai solo un ex giocatore (ben si capisce, ora, perché nel suo futuro prossimo c’è il Qatar), Iniesta – da cui ci si aspetta sempre un guizzo che negli ultimi mesi invece sembra non voler arrivare più – e Pedro (altro orfano del tiki-taka), Silva (uno dei migliori dei suoi) e Diego Costa (subissato giustamente di fischi dai suoi connazionali brasiliani, dopo il “grande tradimento”).

Su quel banco ci finiranno tutti ed è da quel banco che la Spagna dovrà trovare la forza di aprire un nuovo ciclo, inserendo quelle forze fresche che già ci sono all’interno del movimento iberico, ed aspettavano solo il momento giusto per emergere.

Del resto non dimentichiamolo: solo un anno fa la nazionale under 21 spagnola demoliva i parietà italiani nella finale dell’Europeo di categoria, mettendo in mostra un gran gioco e diversi talenti importanti.

Tra questi possiamo citare i due principali, ovvero sia Isco e Thiago Alcantara, già pronti a raccogliere in qualche modo l’eredità del duo Xavi-Iniesta.

Ma non solo questi due potenziali fenomeni. A livello giovanile la Spagna ha messo in mostra tanta qualità, con ragazzi di talento come De Gea, Montoya, Carvajal, Moreno, Illarramendi, Muniain, Morata, Jesè e molti altri. Davvero una nidiata, e parliamo solo di quelli che si sono già affacciati concretamente al mondo del professionismo, molto promettente, che potrebbe non far rimpiangere del tutto i fenomeni andati (o in declino).

Certo, ogni ricambio generazionale può comportare dei problemi. E proprio in questo dovrà essere brava, la Spagna: effettuare questo ricambio senza costernare i vecchi, comunque sempre autori di epiche battaglie e grandi trionfi, né bruciare i giovani, che devono avere il tempo anche di sbagliare, nel caso.

Venendo alla partita di stasera, solo un paio di considerazioni vorrei portare alla vostra attenzione, a margine del fatto che la squadra ha dimostrato ancora una volta di essere assolutamente scarica sia da un punto di vista mentale che fisico.

In primo luogo, il dato relativo ai passaggi. Giusti solo nell’83% dei casi. Un dato se vogliamo non bassissimo, ma che stride rispetto al passato. Pensate ad esempio al dato MEDIO (quindi sviluppato su più partite) avuto due anni fa, nell’Europeo che gli spagnoli vinsero contro di noi in finale: in quel caso le Furie Rosse ottennero un 88% di passaggi giusti.
Insomma, un calo atletico e mentale che si è riflesso anche in campo, in uno dei fondamentali che ha caratterizzato di più questa squadra nel suo ciclo d’oro.

Poi, un altro dato a mio avviso molto – forse ancor più – significativo. Nonostante i molti buoni colpitori di testa (da Diego Costa a Sergio Ramos, passando per Martinez e Busquets) gli iberici non sono riusciti a dominare nel gioco aereo contro LA PIU’ BASSA tra le formazioni presenti in Brasile.
Così se il Cile aveva mostrato contro l’Australia come proprio questo fosse il suo punto debole, vincendo solo il 27% dei contrasti aerei, Del Bosque ed i suoi non ne hanno saputo approfittare, non sfruttando la – bassa – statura dei difensori cileni, con la Roja che è riuscita a vincere ben il 42% di questa fattispecie di contrasti.

Insomma, non solo le emozioni ma anche i numeri parlano di fallimento.

Un fallimento che i più maligni già attribuiscono, com’era scontato, alla fine di un’altra era, quella di Eufemiano Fuentes, almeno teoricamente interdetto dalla possibilità di esercitare per quattro anni.

Beh, io non so e non posso sapere – esattamente come “loro” – quanto potesse esserci di vero dietro alle accuse di doping mosse da più parti contro l’intero movimento sportivo spagnolo, con nazionale calcistica ed ancor più Barcellona in particolare. Di certo però so che al di là di questi due “attori” (che comunque fino a solo un paio di stagioni fa – ovvero PRIMA del fisiologico “appassimento” della propria dorsale – dominavano il mondo e l’Europa) il mondo sportivo – ed in particolare calcistico – spagnolo continua ad ottenere grandi risultati. Prova ne è appunto il fatto che entrambi i trofei europei sono volati in Spagna, capace per altro di qualificare tre squadre su quattro in finale.

Insomma… un collasso di queste proporzioni, davvero, era inimmaginabile. Ma nulla è perduto.

Credo che di fronte ad una fine così dolorosa di una generazione che ha segnato – se non rivoluzionato – il calcio mondiale, non si possa che deputare un minuto di raccoglimento in silenzio, e poi un applauso. L’onore delle armi è dovuto, a campioni di questo calibro. A prescindere dalla simpatia o antipatia che nei loro confronti si può provare.

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