Storia dell’evoluzione del portiere

Quello del guardiano dei pali è un ruolo particolare all’interno del contesto calcistico, perché l’estremo difensore è l’unico giocatore non di movimento nonché il solo che possa usare le mani. Un ruolo così singolare che va studiato con attenzione specifica. Proprio per questo voglio parlarvi dell’evoluzione del portiere.

AGLI ALBORI

Il calcio contemporaneo, come molti sapranno, nacque il 26 ottobre del 1863 a Londra, con la nascita della Football Association.

Laws of the game

Quel primo abbozzo di arte pedatoria fu qualcosa di ovviamente molto grezzo rispetto allo sport che conosciamo noi oggi.

Tra le differenze più evidenti sicuramente anche il fatto che nessuno dei giocatori in campo – per distinguersi dal rugby – poteva giocare la palla con le mani.

Proprio così: nel calcio degli albori il ruolo del portiere non era contemplato.

Fu solo a partire dal 1871 che un primo abbozzo di estremo difensore venne introdotto: fu infatti data la possibilità ad un giocatore per squadra di utilizzare anche le estremità degli arti superiori in tutta la propria metà campo.

Altri quattro anni e finalmente si arriverà alla nascita del portiere, che inizierà quindi a specializzarsi nel dover difendere la propria porta con le mani all’interno della propria area di rigore.

FISICI

In più di centocinquant’anni di storia tante cose sono cambiate, nel calcio. Anche i calciatori stessi.

In questo senso un quasi stravolgimento lo abbiamo avuto dal punto di vista fisico.

Prendiamo i dati: l’evoluzione del portiere è infatti netta se pensiamo che Gianpiero Combi, portiere titolare della prima Italia Campione del Mondo, era alto 174 centimetri.

Dino Zoff, capitano nel 1982, è alto 182 centimetri.

Gianluigi Buffon, iridato nel 2006, misura 191 centimetri.

L'evoluzione del portiere - Gigio Donnarumma

Gianluigi Donnarumma, con cui speriamo di vincere il prossimo Mondiale, è invece 1 metro e 96.

Se pensate che sia solo un caso posso assicurarvi che non è così.

Uno studio in merito ha infatti stabilito che nel corso di dodici anni l’altezza media dei portieri è aumentata di quasi quattro centimetri.

Prendendo in considerazione i portieri presenti al Mondiale americano del 1994, infatti, si può trovare un’altezza media di 184,1 centimetri.

Nel 2006 la stessa era diventata di 187,8. Passando per i 186,3 registrati nei Mondiali del 1998 e del 2002.

Il calcio, insomma, ha innalzato via via i propri standard fisico-atletici. Un aspetto che ha indubbiamente elevato di molto i ritmi del gioco, ma che ha anche portato alla ricerca di giocatori sempre più fisicati.

Cosa che ha influenzato inevitabilmente anche l’evoluzione del portiere.

USCITE ALTE

Chi mastica un po’ di storia del calcio sa che in un tempo molto remoto il calcio si basava su una tattica semplicissima: la cosiddetta “kick & run”, ovvero sia calcia e corri.

In parole povere i difensori (che erano due) erano deputati a recuperare palla e calciarla in avanti, verso le punte. Le quali una volta entrate in possesso pensavano solo ad andare alla conclusione, senza tanti complimenti.

Col tempo, però, il gioco è cambiato. Si è iniziato a cercare di dargli un ordine ed un senso. Si è provato a costruire moduli e modi diversi.

Si è capito che il calcio non potesse essere mera ricerca del gol in solitaria, ma che si dovessero sviluppare delle azioni che potessero portare più facilmente alla rete.

Evoluzione del portiere - Uscita alta

Nel corso del tempo sono quindi aumentati i cross, le punizioni dirette all’interno dell’area, i contrasti aerei, le palle vaganti.

Questo, unito allo sviluppo fisico che tutti i giocatori – e di conseguenza gli estremi difensori – hanno avuto ha portato ad una ulteriore evoluzione del portiere, che ha dovuto imparare un gesto tecnico che in principio gli era sconosciuto: l’uscita alta.

In un gioco grezzo, fatto solo di lanci, dribbling e tiri verso la porta, non era infatti necessario che il portiere sapesse uscire, abbandonare la linea di porta. Quantomai per intercettare un pallone alto.

Oggi, invece, uno dei gesti che più vengono osservati per testare le qualità di un guardiano dei pali è proprio questa.

Una progressione, quella relativa alle uscite alte, che continua tutt’ora.

Tra il 2003 ed il 2005 si è passati da 2,49 a 3,43 uscite alte a partita.

RETROPASSAGGIO

La modifica regolamentare che probabilmente più di tutte ha segnato l’evoluzione del portiere è stata quella riguardante i retropassaggi.

Nel corso del Mondiale italiano del 1990 gli alti funzionari del pallone si resero infatti conto di come la possibilità di passare il pallone al portiere con questo che poteva raccoglierlo con le mani andava tolta.

Con essa infatti si permettevano enormi perdite di tempo ed in più quello era un porto sin troppo sicuro, che rischiava di minare lo sviluppo del gioco e dello spettacolo.

Per questo motivo due anni più tardi la regola fu cambiata.

Dal 1992, infatti, un portiere non può più raccogliere la palla con le mani su un retropassaggio effettuato col piede da un proprio compagno.

Una modifica che ha inciso tantissimo l’evoluzione del portiere.

Se un tempo era sufficiente che un estremo difensore sapesse parare, infatti, oggi è richiesta anche una buona capacità di regia podalica, per poter dare una mano alla squadra in fase di costruzione oltre che aiutare i compagni che, pressati, cercano ancora in loro un porto sicuro cui far attraccare il pallone.

LA ZONA

Anche l’imporsi della difesa a zona, che ha ormai da almeno un paio di decenni definitivamente rimpiazzato quella a uomo, ha inciso l’evoluzione del portiere.

Di fatto – congiunta al cambio di regolamentazione sul retropassaggio – ha portato a trasformare gli estremi difensori, almeno in certe fasi di gioco, in veri e propri “liberi”.

Oggi infatti, molto più che un tempo, i portieri devono leggere l’azione non solo aspettandosi una conclusione, ma anche anticipando possibili inserimenti da stoppare o anticipare in uscita.

Inoltre, appunto, sono chiamati ad usare molto più i piedi, anche al di fuori dell’area di rigore.

In un certo senso è quindi cambiata proprio la concezione del ruolo: da “mero” fautore di parate a giocatore coinvolto a tutto tondo nel gioco della squadra, in entrambe le fasi.

Giovanni Galli

GUIDA

Ancora una volta il paragrafo nuovo si concatena al precedente.

L’estremo difensore oggi è molto più coinvolto, come detto. Al punto tale che, spesso, diventa di fatto una guida per il reparto difensivo.

Potendo guardare il gioco da una posizione privilegiata e dovendo di fatto occupare una zona di campo tranquilla in cui solo raramente transitano calciatori avversari il portiere ha la possibilità di agire da “burattinaio” dei propri compagni.

Può infatti leggere l’azione alle spalle della linea di difesa, richiamando gli altri calciatori a curare questo o quell’uomo o prendere/riprendere una determinata posizione.

Anche per questo uno degli aspetti importanti  ma non sempre semplici da osservare quando si valuta un portiere è quello comunicativo: un portiere che non sa o non riesce a guidare i propri compagni ha un grosso handicap calcistico, un po’ come se facesse fatica a stoppare il pallone o avesse scarsa esplosività nella spinta sulle gambe in fase di tuffo.

PALLONI

Gli estremi difensori sono stati poi i più toccati dalla ricerca tecnologica in merito ai palloni.

Il cuoio pesante con cui venivano costruite le sfere da calcio un tempo ed i materiali sintetici di oggi hanno portato a grossissime differenze sulla tenuta delle traiettorie oltre che sull’acqusizione di velocità da parte degli stessi palloni una volta che sono stati calciati.

Fevernova

Le palle di oggi sono infatti ipertecnologiche e, a prescindere dal peso netto effettivo, risultano molto più “leggere” rispetto ad un tempo.

Se vi capita di calciarle anche solo per caso ve ne rendete subito conto.

Se questo è quindi un vantaggio per i giocatori che vanno alla ricerca del gol, che trovano spesso più forza e velocità di calcio oltre che traiettorie meno leggibili, risulta indubbiamente penalizzante per i portieri.

A tutti sarà capitato di vedere, magari al rallenty, palloni che una volta presa una certa direzione cambiavano improvvisamente il loro incedere, spesso spiazzando i malcapitati estremi difensori.

Può sembrare una cosa da poco, ma già in passato in occasione di grandi competizioni come Mondiali ed Europei si polemizzò a lungo sulla cosa.

Personalmente comprendo la ricerca spasmodica di spettacolo, ma non si può pensare di snaturare il gioco costruendo palloni che “vanno dove vogliono”…

PREPARATORI

L’ultima tappa in questo viaggio alla scoperta dell’evoluzione del portiere passa attraverso a chi gli estremi difensori li allena.

In realtà il preparatore dei portieri sino ad una trentina di anni fa nemmeno esisteva.

Il ruolo era ancora abbastanza grezzo: il portiere doveva solo saper parare. Per farlo gli bastava mettersi tra i pali ed allenarsi a respingere quanti più palloni possibili. In qualsiasi modo.

Ad un certo punto però l’evoluzione del gioco ha portato ad una sempre più pressante volontà di perfezionare ogni aspetto del gioco. Anche la capacità dei portieri.

Giulio Nuciari

Da qui è nata quindi la necessità di avere nello staff tecnico qualcuno specializzato nella preparazione dei guardiani dei pali.

In Italia, in questo senso, abbiamo una grande scuola di portieri che si regge su una lunga tradizione di grandi estremi difensori.

Il preparatore dei portieri è diventato oggi indispensabile all’interno di uno staff tecnico: è soprattutto a lui che è dovuta la crescita tecnica dei calciatori che occupano il ruolo.


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