La leggenda del Pichichi

Ai giorni nostri, quelli in cui il business ha ormai preso il sopravvento sullo sport e più che mai sul calcio, il “Pichichi” è semplicemente il miglior marcatore della Liga spagnola.

O meglio, è il nome attribuito al trofeo che viene consegnato al capocannoniere del massimo campionato iberico.

Cristiano Ronaldo

Viaggiando però a ritroso nel tempo, sino agli albori baschi di questo sport, possiamo andare ad imbatterci nella Leggenda cui è oggi dedicato il premio di calciatore spagnolo più prolifico dell’anno: Rafael Moreno Aranzadi.

In arte Pichichi.

Nato in pieno Casco Viejo (barrio più antico nonché nucleo originario della città di Bilbao) prima ancora dell’inizio del secolo breve (più precisamente nel 1892), Rafael segnerà in maniera profondissima il calcio spagnolo a cavallo tra il pre ed il post Prima Guerra Mondiale, distinguendosi come una superstar dell’epoca, nonché uno dei goleador più implacabili nella storia d’Europa.

Figlio dell’allora sindaco della città capoluogo della Biscaglia, Pichichi era anche pronipote (da parte di madre) di uno dei più importanti saggisti, romanzieri, poeti, drammaturghi e filosofi del paese: Miguel de Unamuno, rettore dell’università di Salamanca.

Nato e cresciuto in una famiglia importante e culturalmente avanzata, Rafael Moreno Aranzadi si diede al pallone, conosciuto in gioventù nel corso dei suoi studi svolti presso i padri scolopi  (Ordine Religioso fondato nel XVII secolo da S. Giuseppe Calasanzio dedito all’apostolato dell’educazione dei fanciulli e dei giovani) nel collegio di San Giacomo Apostolo.

Ad alimentarne la passione ed affinarne le doti fu il fratello Raimundo, grande nuotatore nonché primo vicepresidente della federazione atletica biscaglina, che nel corso dei suoi studi inglesi in ingegneria mineraria ebbe modo di apprendere l’arte pedatoria direttamente dagli inventori del gioco, potendo così tramandare poi al fratello minore qualche trucchetto imparato oltremanica.

Ad accorgersi di lui, nel 1910, un osservatore dell’Athletic Bilbao, club con cui disputò alcune amichevoli di prova prima di disputare la Coppa del Re del 1911. Trofeo in cui Pichichi si mise subito in mostra, mettendo a referto una rete già nella gara d’esordio.

Fu proprio una sua rete ad inaugurare, l’anno successivo, il neonato San Mamés, stadio che per circa cento anni sarà teatro delle imprese di uno dei club più amati ed ammirati al mondo.

Pichichi era dotato di un fisico assolutamente minuto, tanto che i dati a disposizione oggi giorno parlano di un ragazzo che superava a malapena il metro e mezzo d’altezza.

Pichichi
Pichichi e la moglie Avelina immortalati nel quadro “Idilio en los campos de sport” del pittore Aurelio Arteta

E proprio da questo handicap fisico potrebbe nascere il suo soprannome, che non ha un’etimologia certa. Secondo Simone Bertelegni, autore di un interessante libro sul mito dei Rojiblancos dal titolo “L’utopia calcistica dell’Athletic Bilbao“, “Pichichi” potrebbe avere due derivazioni:

  • Pichin o pichinchu, parole usate per indicare affettuosamente i ragazzi più giovani (un po’ come Meazza, soprannominato Balilla ai tempi dei suoi esordi interisti da adolescente);
  • Poca chica, ovvero poca carne, a richiamarne in questo caso l’estrema magrezza.

Tornando alla sua carriera, Pichichi non ebbe mai il piacere di poter vincere una Liga, campionato creato solo nel 1929. In compenso seppe trascinare il suo Athletic Club alla vittoria di ben 4 Coppe del Re, 3 Campionati del Nord e 2 Campionati della Biscaglia, oltre che una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Anversa del 1920 (dove segnò una sola rete).

Tra le imprese più epiche della carriera di un calciatore che seppe infiammare i cuori di un intero popolo sicuramente la tripletta rifilata all’Espanyol nella finale di Copa del Rey del 1915, che permise ai Rojiblancos di imporsi per ben 5 a 0.
Un match che fece letteralmente impazzire un’intera città, che elesse il suo Pichichi – addirittura – a “padrone del calcio“.

Atleta completo – tanto da laurearsi campione provinciale di lancio del giavellotto – Pichichi decise di ritirarsi dal calcio giocato nel 1921, dopo una decina d’anni dall’inizio della sua carriera.

Così dopo aver contribuito alla vittoria della prima e sinora unica finale di Copa disputata al San Mamés, Rafael decise di appendere gli scarpini al chiodo al termine di un’amichevole persa contro il West Ham, chiudendo col calcio giocato a soli 29 anni (con 200 reti segnate in 170 match ufficiali, secondo Wikipedia).

Diventato arbitro, la sua vita venne spezzata da un attacco di febbre tifoide che lo strappò ai suoi cari il 1 marzo 1922.

Quattro anni più tardi lo scultore Quintin del Torre ne realizzò un busto, che venne posizionato all’interno dello stadio bilbaino. Che, da anni, è meta del pellegrinaggio dei calciatori ospiti, che da tradizione sogliono portare un mazzo di fiori in memoria di uno dei più grandi cannonieri nella storia del calcio spagnolo.

Pichichi
Il busto eretto al San Mamés in onore di Pichichi

Inoltre dal 1953, come detto in precedenza, il quotidiano Marca assegna un premio al miglior cannoniere della stagione. Un riconoscimento che è stato intitolato proprio a “Pichichi”.

Infine molti anni più tardi, più precisamente nel 1980, a Rafael Moreno Aranzadi venne dedicata anche una delle vie che circondano lo stadio Rojiblancos.


Seguimi su:
Facebook      Twitterblog      Twitterpersonale      G+      Youtube      Instagram

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.