Liga las Promises de Arona: giocano i 2002, trionfa il Valencia

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Grande spettacolo, ancora una volta, ad Arona, isola di Tenerife. Dove negli ultimi tre giorni si è disputato il tradizionale (diciannovesima edizione) torneo di calcio a 7 riservato alla categoria under 13 (quest’anno i 2002).

Un torneo interessantissimo che ha messo in mostra tanto grandi squadre quanto ottime individualità. Nonostante la giovanissima età, infatti, il livello era altissimo. Chi pensa di vedere qualche bambino che corre alla rinfusa dietro il pallone ha sbagliato del tutto a capire.

L’organizzazione di ogni equipe è maniacale ed il talento di molti ragazzini già sfavillante. Certo, è ancora molto presto per dire se potranno arrivare ad alto livello, ma qualcuno di questi ha messo in mostra una base di partenza eccellente su cui provare a costruire un buon professionista.

A rappresentare l’Italia in questo contesto gli Esordienti 2002 della Juventus. Che hanno messo in mostra, ancora una volta, tutti i limiti del nostro calcio, almeno in questa congiuntura temporale.

Parliamoci chiaro: presi singolarmente ci sono diversi Bianconeri – e ne parlerò più avanti – che hanno qualità assolutamente interessanti. Una cosa questa sottolineata anche dai commentatori de La Sexta, tv spagnola che ha trasmesso in diretta l’evento.

A mancare, però, è proprio l’approccio ai match. L’idea di gioco.

Per essere chiari: la Juve disputa due match nel girone, contro PSG e Barcellona, pareggiandoli entrambi. Poi ai quarti incontra il Villarreal e ne esce un nuovo pareggio, con Girelli (il portiere) grande protagonista anche ai rigori.

In semifinale c’è l’Atletico Madrid, che domina il match. La Juve gioca lungamente con un inguardabile – permettetemi la franchezza – sorta di 4-1-1. I telecronisti iberici parlano di “Catenaccio contro Toque”, ed hanno ragione. La Juve fa poco-nulla in fase di possesso, ma regge discretamente dietro. Ad un minuto dalla fine però la decide Mario Soriano: Bianconeri eliminati.

Il canovaccio della finalina – disputata contro il Real Madrid – sarebbe lo stesso, non fosse che Theo Fernandez (uno dei quattro figli di Zinedine Zidane, per intenderci) la sblocca subito. Ed allora la Juve – finalmente, permettetemelo – inizia a giocare in maniera più propositiva.
Pedro Paulo raddoppia con una grande giocata personale, ma la Juve c’è e chiuderà perdendo 2 a 1, disputando paradossalmente il miglior match del proprio torneo. L’unico in cui ha giocato. In cui si è trovata costretta a giocare.

Che dire invece della scuola spagnola? Per me resta diversi passi avanti alla nostra, oggi. Un po’ tutte le squadre giocano coralmente, cercando per altro di valorizzare i propri giocatori di maggior qualità. L’esatto contrario di ciò che fa la Juve, che gioca invece speculando sugli – eventuali – errori avversari.

Un gap culturale che nel calcio di oggi paghiamo tantissimo. Anche perché i pochi giocatori di qualità finiscono col perdersi, isolati in un contesto che gli è avverso. E senza nemmeno le giocate dei singoli (stile Euro 2012, per intenderci) come possiamo pensare di vincere qualcosa?

Insomma, a parere di chi scrive – che di partite e tornei giovanili ne vede diversi – il contesto formativo italiano è inadeguato, se rapportato a quelle che sono le eccellenze calcistiche dei giorni nostri. Passi l’organizzazione difensiva, ma nel corso degli ultimi dieci o vent’anni abbiamo dato il via ad un tatticismo esasperato fin dalle categorie dei più piccolini, che ha portato ad una contestuale demineralizzazione assoluta della nostra fase offensiva.
A livello di gioco difficilmente le squadre italiane hanno mai brillato, ma ultimamente l’andazzo porta a soffocare, anziché esaltare, anche quei giocatori di talento che un tempo diventavano i Baggio, i Del Piero ed i Totti.

A vincere il torneo, tornando al campo, il Valencia di Joaquin Garcia (premiato come migliore coach della competizione). Una squadra con un paio di individualità assolute (tecnicamente Ferhat ed Oscar Domenech – quest’ultimo premiato come MVP del torneo – sono sublimi) ed un contesto organizzatissimo in tutte le fasi, davvero di alto livello. Uno spettacolo per gli occhi.

Secondo l’Atletico Madrid, squadra che vive con lo “Spirito di Aragones”, come detto dal proprio allenatore, e che ha dimostrato organizzazione e soprattutto tanta determinazione. Ma certo, anche qualità.

Terzo, infine, il Real Madrid. In cui gioca quello che è forse oggi il miglior 2002 al mondo: Pedro Paulo Kasanzi Lubamba, un giocatore di cui ho parlato anche nel mio ultimo libro (“La carica dei 301″, che vi invito ad acquistare costando solo 99 centesimi).

Ma un po’ tutti i club spagnoli mi hanno fatto una grandissima impressione dal punto di vista della tecnica individuale, della qualità e delle idee di gioco.

Parlando di singoli, vorrei proporvi quello che per me è la Top XI del torneo (pur se questo si è giocato a sette), più qualche altro nome di giocatori che si sono messi in bella mostra.

In porta la mia scelta ricade sull’italiano Giulio Girelli. Il portierino Bianconero è in realtà un portierone, se si pensa alla sua taglia. Assolutamente oversize rispetto all’età.
Un fisico possente e slanciato cui fa da contraltare un’ottima reattività. Diverse parate importanti, sicuramente determinante nel portare il proprio club al quarto posto, compie un solo errore in cinque gare, quello che costa l’1 a 0 nella finalina (e che paradossalmente farà del bene alla Juve, che da lì inizierà finalmente a costruire gioco).

Terzino destro, con una scelta non facile, scelgo invece il (real) madridista Lorenzo Agudelo. Taglia ridotta ma buon passo e tanta qualità, che sfrutta anche per realizzare un gran goal al termine di un’azione solitaria con cui salta due o tre avversari per poi concludere a rete sparandola all’incrocio.

Il primo dei due centrali è il secondo italiano della formazione, Riccardo Sganzerla. Anche in questo caso parliamo di un giocatore dal fisico non eccezionale, ma indubbiamente in assoluto il migliore interprete in fase di uno contro uno difensivo. Un centrale sempre attento, con un già spiccato senso della posizione e davvero difficile da superare.

Il secondo centrale è invece il blaugrana Ricard Cartañá. Lui sì con un fisico già piuttosto sviluppato, unito alla classica tecnica sopraffina propria dei centrali che crescono dalle parti di Barcellona.

Come terzino sinistro la scelta ricade su Jacob Lopez, trottolino e capitano del Valencia. Anch’egli taglia molto minuta, mostra già un carisma spiccato ed ottime doti difensive. Agile e rapido nello stretto, accompagna anche i propri compagni quando si tratta di offendere.

A centrocampo due Oscar.

Impossibile non selezionare l’MVP del torneo, il valenciano Oscar Domenech. Un giocatore dal tocco sensibilissimo che sa dettare i tempi, lanciare i propri compagni, tenere il possesso ed aiutare in transizione negativa. Davvero un giocatore già piuttosto completo e dalla grandissima qualità.

Per far sì che il centrocampo regga gli affianco quindi il capitano dell’Espanyol, Oscar Carrasco. Un capellone tutto corsa e senso della posizione, imprescindibile per permettere alla propria squadra, per lunghi tratti, di giocare addirittura con due punte pure.

La trequarti è poi il trionfo della qualità e della tecnica.

A destra ci piazzo il già citato Theo Fernandez, figlio d’arte col papà piuttosto ingombrante visto il ruolo (Zinedine Zidane, appunto). Il terzo dei figli di Zizou si prende il titolo di capocannoniere con 4 realizzazioni, questo nonostante giochi da titolare solo gli ultimi match del torneo.
La tecnica è di primissima qualità. Intelligente, buon tiro, capace di usare entrambi i piedi quasi senza risentirne, abile nell’uno contro uno… è presto per dire dove potrà arrivare, ma certo non è la qualità a mancargli.

A sinistra un altro (real) madridista, Pedro Paulo.
Semplicemente devastante.
Gioca a tutto campo senza risentirne. Quando prende palla arriva praticamente sempre al tiro. Ha un cambio di passo assolutamente illegale. Se riuscirà a conservarlo per tutta la propria crescita… beh, sicuramente arriverà a giocare in un campionato importante.
Ecco, il suo problema è che spesso tende a giocare troppo da solo. Ma del resto quando a 12 anni ti riesce qualsiasi cosa tu voglia è anche capibile che tu possa tendere a fare il veneziano…

Trequartista centrale un altro campione del torneo: Ferhat.
Un giocatore a due facce. Da subito mette in mostra una tecnica sopraffina, ma poi si nasconde un po’ per diverse partite. In finale, quando la temperatura sale, prende in mano le sorti della propria squadra. Numeri eccezionali palla al piede, grande propensione al gioco di squadra e due goal con cui decide quasi da sé l’ultimo atto del Liga las Promises.
Che dire se non “a buon rendere”?

Di punta, per chiudere questa Top XI, ci piazzo un secondo giocatore del Barça: Pablo Moreno. Un giocatore che deve forse imparare a diventare più spietato sottoporta, ma che mette davvero tantissima qualità nel proprio gioco.

Ma permettetemi di andare oltre alla semplice Top XI, segnalandovi altri giocatori che si sono espressi si buonissimi livelli.

Il Valencia campione ha messo in mostra due terzini sinistri molto interessanti: oltre al già citato Jacob impossibile non parlare di Dani Montes, versione più offensiva del proprio capitano. Bene anche Carlos Perez, il portiere titolare, e Ferran Giner, punta di movimento ma già ben strutturata.

L’Atletico, secondo, mette in mostra quello che è stato votato come il miglior portiere del torneo, Miguel Prieto. Oltre a lui bene il trequartista Mario Soriano, il giocatore di maggiore qualità, e la punta Erick Jeenn, quantità e fiuto per il goal.

Nella Juventus bene anche l’esterno Paolo Boffano, autore del pareggio contro il PSG (goal decisivo per il passaggio del turno) ed il terzino tutto pepe Franco Tongya. Non male anche Nar Diop, centrocampista che per fisico ed incedere ricorda molto Paul Pogba (anche se non per tecnica, purtroppo per lui). Mi aspetterei invece di più, vista la struttura che madre natura gli ha donato, da Aboubacar Da Costa. Certo, piuttosto abbandonato a sé stesso dai compagni, ma con una serie di limite (sia tecnici che tattici) assolutamente da eliminare.

Il Barcellona esce presto dalla competizione con non poca sfortuna, ma è forse la squadra globalmente più interessante del torneo (al pari del Valencia). Oltre ai già citati Moreno e Cartana si sono messi in luce, tra gli altri, anche il portiere Pol Tristan, il terzino destro Marc Alegre e la guizzante ala Alex Rico, minutissimo ma un vero peperino palla al piede.

Nel Real Madrid, invece, molto bene anche il capitano David Cuenca (difensore centrale capace di agire anche a sinistra, tecnicamente molto dotato e difensivamente sempre attento) ed il portiere, Lucas Canizares (sì, anche lui figlio d’arte).

Sempre a proposito di figli d’arte, per tornare al Valencia, vi segnalo anche Fran Perez, figlio di Rufete. Un esterno discreto, già formato fisicamente e dal buon passo. Ma che in questo torneo, debbo dire, non si è distinto.

Tornando ai giocatori che si sono messi più in bella mostra, per chiudere, vi faccio altri sei nomi: bene le due punte dell’Espanyol, Samba Kante e Jordi Escobar. Impossibile non citare i due leader tecnici del Siviglia, l’imponente centrale Miguel Bereket e la punta tutta fantasia Antonio Zarzana (autore di un gran goal con ruleta incorporata). Infine bene anche, rispettivamente per Villareal e PSG, il trequartista German Valera e la punta Isaac Karamoko.

Insomma, come al solito un grande torneo, con calcio già di alto livello e diversi giocatori da tenere d’occhio per il futuro.

Certo, difficile dire a soli 12 anni dove possano arrivare. Ma altrettanto vero, come dicevo in apertura, che diversi di questi mostrano di avere le basi giuste su cui provare a costruire una carriera. Molto passerà dalla loro capacità di progredire e, nondimeno, da quella di tenere i piedi ben piantati per terra…

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