L’Opinione – Il difensivismo è inscindibile dal calcio italiano

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Lo spettacolo di cui abbiamo goduto venerdì sera nel match che ha visto gli Azzurri opposti al modestissimo Azerbaigian è stato ai limiti del raccapricciante (ne ho parlato su Twitter e su Facebook, più precisamente in questo post).

Cinque difensori schierati contro una squadra che ha rinunciato dal primo minuto ad attaccare. Col risultato che o hanno provato a riconvertirsi tatticamente, o si sono trovati a doversi marcare tra loro.

Per altro, ciliegina sulla torta, la Nazionale italiana è riuscita anche a prendere un goal, sommando gli errori di ben quattro giocatori diversi sino a compiere il patatrac finale (prima Bonucci che regala palla, poi Ranocchia che entra molle e perde il rimpallo dovendo concedere l’angolo; infine l’uscita sbagliata di Buffon ed il conseguente stop maldestro di Chiellini, con relativo autogoal).

Ci sono tre cose che stento a capire dell’approccio avuto a quel match.

  1. Perché schierare due terzini come fluidificanti per poi farli giocare spesso quasi in linea con le punte?
    Non sarebbe stato meglio, a quel punto, varare davvero una sorta di 3-3-4 (prendendo a modello quello del profeta Ezio Glerean, che ho spiegato approfonditamente in questo video) con esterni dalle doti spiccatamente offensive? Del resto Darmian e De Sciglio nascono terzini. E’ logico si trovino nella condizione degli adattati, a dover giocare costantemente così alti.
  2. Perché schierare ben tre difensori centrali a fronte, di fatto, di nessuna vera punta in campo per gli azeri?
    Per l’amor di Dio, sulla carta avevano un trequartista (fisso a uomo su Pirlo) ed un paio di punte, praticamente costantemente dietro la linea della palla. Così che Bonucci si trovava spesso a staccarsi centralmente, un po’ in stile Lucio, per gettarsi nella metà campo avversaria. Anche qui, non era forse meglio togliere un uomo alla difesa ed aggiungerlo più avanti?
  3. Il terzo punto è un semplice riflesso dei primi due: perché schierare solo due giocatori dalle doti spiccatamente offensive (le punte) contro una squadra modesta e riluttante al gioco offensivo come l’Azerbaigian?

Problemi di questo tipo sono evidentemente imputabili alla pervicace ossessione del calcio italiano rispetto al motto “Primo: non prenderle”. Che diventa quasi penosa, quando ci si trova a doversi confrontare con squadre dal così basso potenziale tecnico. Come si è dimostrato l’Azerbaigian e come si dimostrerà, per l’ennesima volta, la piccola Malta (al netto di Mifsud, giocatore di livello molto più alto rispetto ai propri compatrioti).

Qualcuno mi risponderà: “Il calcio italiano ha sempre vinto così, col Catenaccio: tre Mondiali, un’Olimpiade, un Europeo. Più tanti altri piazzamenti comunque importati e di prestigio”.

Vero, ma solo in parte. Ed anche la parte vera va comunque interpretata e riletta con gli occhi di un appassionato del 2014.
Ma andiamo con ordine.

In primo luogo non è vero che l’Italia ha sempre vinto col “Catenaccio”, come si dice.

Lo stesso venne proposto per la prima volta nell’ormai lontanissimo 1932 dall’austriaco Karl Rappan, all’epoca allenatore del Servette. Catenaccio che approdò nel calcio tra nazionali sei anni più tardi, quando il mister nativo di Vienna sedette sulla panca della Svizzera.
In Italia questo metodo approdò quindi solo all’inizio degli anni ’40, importato dall’allora coach della Triestina Mario Villini nel Campionato Alta Italia.

Nel frattempo la Nazionale aveva vinto metà di quanto è riuscita a vincere nel corso della sua storia: l’epopea Pozzo (che giocava con una sorta di 2-3-2-3) portò infatti due titoli Mondiali (’34 e ’38, proprio l’anno in cui Rappan propose il Catenaccio a livello Mondiale) inframezzati da uno Olimpico (1936).

In secondo luogo, il calcio cambia ed è in continua evoluzione. Giudicare tutto con gli occhi del passato ha poco senso.

Negli ultimi decenni infatti molte cose sono cambiate. C’è stata ad esempio l’era del tiki-taka, che ha segnato molto profondamente sia il calcio di club che quello internazionale.
Ma non solo.

C’è stato anche uno scadimento generale della qualità del nostro calcio. Così da super star come i pionieri Meazza e Piola si è arrivati al duo Immobile-Zaza. Con tutto il rispetto – ad oggi – inferiore anche ai vari Riva, Rossi, Baggio Vieri, Del Piero, Totti e compagnia cantante.

Da qui si evincono due cose: una, si può anche pensare di evolvere i propri fondamenti di gioco. Discostandosi così sia dal Catenaccio ad ogni costo, che però anche dal Sacchismo sfrenato, con il sistema sempre e comunque al di sopra di ogni invidualità.

L’altra, che se una volta giocare col freno a mano contro le piccole pagava comunque, perché avevi dei fenomeni capaci di risolverti le partite, oggi rischi di fare figuracce assolute (come contro Haiti) o comunque sfiorarle, affidandoti più alle situazioni di palla inattiva che ad altro.

Quindi, cosa vorrei vedere contro Malta?

Semplicemente, una squadra con più giocatori dalle doti spiccatamente offensive in campo. Una squadra che, un po’ come successo al Belgio contro Andorra, scenda in campo e prenda a pallate l’avversario dal primo all’ultimo minuto. Perché quando il divario tecnico è così ampio (la nostra qualità è scaduta, ma resta imparagonabile a cenerentole come Malta ed Azerbaigian) la partita la vinci anche se attacchi per novanta minuti, magari pur concedendo una ripartenza in più all’avversario.

Potrebbe bastare poco. Pensiamo alla semplice sostituzione dei terzini De Sciglio – Darmian con due giocatori spiccatamente offensivi come Candreva e Giovinco, schierati sì quasi in linea con le punte. Il 3-5-2 diventerebbe un 3-3-4 quasi effettivo, e pur senza seguire i principi di gioco di Glerean qualche grattacapo in più ai nostri avversari lo produrremmo sicuramente.

Questo pur salvaguardando i tre difensori dietro. Perché volendo si potrebbe calcare ancor più la mano, facendo uscire una roba del genere:

Ovvero una formazione che vedrebbe una sola sostituzione rispetto quella cui starebbe pensando Conte (Giovinco per uno dei centrali di difesa) ma che sarebbe molto più offensiva (volendo una sorta di 4-2-4, modulo un tempo prediletto dallo stesso C.T. leccese).
L’idea di gioco è questa: due terzini (con Florenzi adattato) molto offensivi, con licenza di salire moltissimo. Due soli centrali di difesa (personalmente schiererei Ogbonna al fianco di Bonucci, sono i due centrali tecnicamente più dotati). Il genietto Verratti a fare taglia e cuci a centrocampo, dove ci sarebbe la sostanza di Marchisio. E poi il duo Candreva-Giovinco a partire larghi ma con licenza di svariare (col primo che in caso di necessità potrebbe anche scalare mezz’ala a dare una mano al centrocampo) e la coppia prescelta in attacco a finalizzare (io, dato che Pellè dovrebbe essere certo del posto, leverei Immobile: Zaza fa molto meglio il lavoro di raccordo col centrocampo, scendendo bene tra le linee).

Contro una squadra che sicuramente penserà solo a difendere, come già fatto dall’Azerbaigian, non varrebbe la pena provare a spingere di più?

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