L’insostenibile leggerezza di schierare Pepe Reina

Pepe Reina è stato un buon portiere, pur senza mai toccare le vette di eccellenza raggiunte da alcuni colleghi della sua generazione (Buffon, Casillas o Cech, per citare i primi che mi vengono in mente).

Un estremo difensore che, cresciuto nel Barcellona, ha sempre avuto due caratteristiche peculiari a fare da tratti fondanti al suo gioco: la capacità in regia podalica (ovvero sia come sa trattare la palla coi piedi, risultando quasi un libero aggiunto) e la sua grande personalità.

Pepe Reina

Due aspetti sicuramente molto importanti, soprattutto nel calcio moderno.

Due qualità che lo hanno portato a costruirsi una carriera di alto profilo, con le cinquanta presenze a Barcellona in gioventù, le 150 al Villarreal, le 400 al Liverpool e le 100 a Napoli (esperienza inframezzata da un anno di panchina al Bayern Monaco).
Il tutto condito dalle 33 presenze in Nazionale, dove ha avuto la sfortuna di trovarsi davanti uno dei migliori portieri nella storia di Spagna. Cosa che non gli ha comunque impedito di far parte delle spedizioni che hanno vinto il Mondiale del 2010, gli Europei del 2008 e del 2012, e che si sono piazzate per due volte sul podio alla Confederation’s Cup.

Il valore oggettivo di Pepe Reina non è quindi molto discutibile.
Potremmo sì opinare rispetto alla posizione in cui andrebbe messo in un ranking dei portieri della sua generazione, ma di certo un po’ tutti gli daremmo il rilievo che merita, pur alle spalle – come detto in apertura – dei top del ruolo.

Purtroppo, però, il tempo è tiranno e tutti ne subiscono il suo avanzare incessante.

A questa regola non fa certo eccezione Pepe Reina, che indiscutibilmente non è più quello di una volta.

Il portiere che seppe vincere per tre volte il premio come miglior estremo difensore dell’anno in Premier League tra il 2006 ed il 2008 ha iniziato già da parecchio a sentire il logorio del tempo.

Su Facebook e Twitter è una cosa che ripeto da tempo, quantomeno da inizio anno: Pepe Reina non sembra più essere all’altezza di vestire la maglia da titolare di un club importante e competitivo come il Napoli.

Di fatto, a mio avviso, proprio con l’arrivo del 2016 le prestazioni del portiere di Madrid sono calate in maniera drastica.

Il 2015 era infatti stato chiuso alla grande, pur grazie al grandissimo contributo che la difesa napoletana aveva dato alla sua causa in un inizio di stagione folgorante: 533 minuti di imbattibilità, striscia più lunga in Europa in quel momento.

Pepe Reina

Poi però le cose erano calate drasticamente. E nonostante il buon rendimento di inizio stagione – ma ripeto, va sempre fatta la tara coi meriti della difesa! – Pepe Reina diventò il portiere col peggior rendimento del campionato!

Le prime avvisaglie, come detto, le lanciai sui social già nei primi mesi dell’anno. La risposta dei tifosi napoletani era abbastanza spiazzante: “E’ carismatico!”.

Ok, ma un portiere deve in primis parare.

Poi a fine aprile – inizio maggio, in quel di Coverciano, feci quattro ore di lezione sui rudimenti della match analisi con Antonio Gagliardi, match analyst della Nazionale, nell’ambito del corso da scout pro.

Qui, tra le tante cose che uscirono, venne mostrata anche la statistica del rapporto tra i tiri nello specchio subiti ed i goal subiti da tutti i portieri oltre un certo numero di presenze in Serie A.

Il dato esatto non sono certo di ricordarlo bene, la posizione di Reina in questa classifica però sì: ultimo.

Cioè, il portiere del Napoli che stava cercando di battagliare con la Juventus per la vittoria in campionato in primis grazie a quello che diventerà di lì a breve il giocatore con più goal segnati nella storia di un singolo campionato di Serie A… era quello che aveva il peggior rapporto parate-tiri subiti.

Un handicap che, penso sia di facile comprensione per tutti, non è assolutamente accettabile quando si vuole provare ad essere competitivi ad alto livello.

E pur riconoscendo le grandi doti carismatiche e di leadership di Pepe Reina trovo che non possano bastare a giustificarne il suo utilizzo.

Anche sabato, nel match contro la Lazio, Pepe Reina ha dimostrato come l’usura del tempo si faccia sentire. Non è un processo ad un portiere che ha avuto un’ottima carriera, quanto una presa di coscienza del fatto che tutti, prima o poi, dobbiamo rassegnarci al tempo.

Guardiamo il goal:

Papera Pepe Reina vs. Lazio

Keita riceve al limite dell’area e punta Vlad Chiricheș. Si sposta palla sulla destra, con l’esterno piede, e si crea un piccolo varco per calciare sul primo palo, quello del portiere.

Pepe Reina va giù con tempi lentissimi, tocca appena la palla con l’esterno della mano ma non può nulla per evitare che questa finisca in rete.

Un goal che vale il pareggio ma soprattutto che risulta pesantissimo per la coscienza dello stesso Pepe Reina, se è vero che è una palla calciata in maniera comunque non irresistibile e soprattutto sul palo del portiere, là dove non ci sono giustificazioni nel momento in cui non viene parata.

Del resto questa lentezza, quasi goffaggine, nei movimenti rapidi ad andar giù e tornare su Pepe Reina l’aveva mostrata anche poco prima, nel corso dello stesso match.

Quando Immobile, liberato sul centrosinistra dell’area da Lulic – con un bel passaggio a tagliare alle spalle di Hysaj – aveva calciato da posizione defilata. In quel caso Pepe Reina aveva sì respinto la conclusione della punta Azzurra, ma non senza difficoltà. Soprattutto nel rialzarsi immediatamente sull’eventuale ribattuta, chiusa tempestivamente dall’intervento del già citato Chiricheș.

(L’errore di Pepe Reina appena raccontato potete vederlo in questo video, a partire dal minuto 2.)

E’ evidente che la reattività di Pepe Reina non è più quella dei tempi d’oro, e questo influisce in maniera ovviamente ed evidentemente negativa sulle sue prestazioni.

Così a margine della gara – che ahimè causa malanni di stagione che mi hanno allettato non sono riuscito a vedere – nel discutere col sempre ottimo Napoli Outsider sono stato indirizzato su Squawka (sito che conoscevo già e che seguo su Twitter, ma su cui non avevo mai fatto di persona ricerche statistiche) per cercare un dato simile a quello che mi era stato mostrato da Gagliardi in quel di Coverciano.

La situazione riguardante Pepe Reina è questa: nell’arco di queste dodici partite il portiere spagnolo ha effettuato 22 parate.

Pepe Reina stats

Un numero di parate che permette all’estremo difensore madrileno di piazzarsi al diciassettesimo posto nella classifica delle parate totali, pur dietro a diversi portieri con meno presenze.

Pepe Reina

Un dato che è di per sé poco significativo, però. Perché è strettamente correlato al numero di tiri (ancor più precisamente: tiri nello specchio!) che la fase difensiva di una squadra concede agli avversari.

Ecco quindi che un Gianluigi Buffon, che rappresenta ancora un’eccellenza nel ruolo, ha totalizzato un numero ancora inferiore di parate, pur avendo concesso uno scarso numero di goal (7, gli altri due subiti dalla Juve sono stati concessi da Neto). Questo non perché Buffon non sappia più parare di per sé, quanto proprio perché la Juventus concede pochi tiri in porta.

Un dato più significativo è quindi quello che media il numero di tiri nello specchio concessi con il numero di goal subiti, per capire il rapporto tra parate e segnature.

Pepe Reina ha effettuato 22 parate e subito 13 reti in 12 gare.

Ciò significa che subisce 1.083 goal a partita, ma soprattutto che fa 1.69 parate ogni goal concesso.

Questo ci porta a definire che qualcosa più di un tiro (nello specchio)  su tre si trasforma in goal.

Ma prendiamo in mano la classifica di Serie A. Il Napoli ha subito 13 goal, appunto. Più di Juve, Fiorentina, Genoa e Roma e gli stessi goal di Lazio, Atalanta ed Empoli, uno solo meno di Inter e Chievo. Un dato insomma non eccezionale se pensiamo che il Napoli lo scorso anno fu la seconda miglior difesa per distacco.

Le statistiche da sole, però, non raccontano tutto del calcio. Chi non ha mai visto il Napoli, infatti, potrebbe obiettare che i goal fossero tutti imparabili. O, di contro, che le parate di Pepe Reina siano state tutte fatte su tiri telefonati.

E’ del resto indubbio che un tiro non vale un altro. Dipende dalla zona, dalla qualità, da come viene colpita la palla, ecc.

Proprio qui si completa quindi il discorso relativo all’insostenibile leggerezza di schierare Pepe Reina. Non tutti i goal subiti erano esattamente imparabili.

Anzi, oltre alla segnatura di Keita che potete vedere sopra possiamo ricordare ad esempio quella di Aboubakar nel match casalingo contro il Besiktas, quella di Niang nel match contro il Milan o quella di Verdi dalla distanza. O ancora, per tornare all’anno scorso, la staffilata di Rincon che passa proprio dove c’è la sua mano, con lui che si prende uno svarione e fa per tuffarsi alla sua sinistra non parando una sfera quantomeno respingibilissima.

Insomma, Pepe Reina è un portiere che è diventato ormai da mesi non più affidabile ad un certo livello.

Lo dico da tempo, spero per il Napoli che arrivino ad ascoltarmi presto. Il portiere è uno dei ruoli che determinano spesso un bonus o un malus di punti, nel corso di un campionato.

La sensazione è comunque che oggi Pepe Reina, per i motivi citati in apertura, resterà ancora quantomeno per questa stagione il guardiano titolare del Napoli.

Dopo la gaffe contro la Lazio, infatti, mister Sarri ha commentato così la situazione del suo portiere:

“Gli errori possono capitare a tutti, è un nostro punto di riferimento. Un portiere capace anche di mettere l’attaccante davanti alla porta come è capitato stasera. Mi dispiacerebbe se perdesse il carisma che ha verso la squadra solo per un errore.”

Maurizio Sarri

Piedi buoni e carisma, insomma.

La solita vecchia storia.

Non so voi, ma io sono abituato a giudicare un portiere in primis dalla sua capacità di parare (che è il tratto fondamentale di un portiere, appunto), poi per tutto il resto…


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