SM su SM: Sciabolata Morbida sbarca su SpazioMilan!

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SpazioMilanDopo i miei pezzi sul Milan, in particolare quello sulla campagna acquisti del 1997, Francesco Barbati di  SpazioMilan mi ha interpellato per chiedermi la mia sull’attuale situazione Rossonera.
Ne è uscita una chiacchierata interessante che è stata pubblicata oggi sul sito. E che riporto anche qui per chi non avesse avuto modo di leggerla.
(Disclaimer: se volete la versione essenziale andate a quella pubblicata su SpazioMilan. Se invece avete qualche minuto in più da perdere leggete qui quella estesa..)

Francesco, il tuo blog, Sciabolata Morbida, è sempre attento alle notizie del calcio italico ed internazionale, e fra i tuoi ultimi pezzi ce n’è uno in particolare in cui analizzi la situazione generale del Milan: ci spieghi in breve cosa pensi del momento dei rossoneri e a cosa può ambire, in questa stagione, la squadra che sembra allo sbando (soprattutto in campionato)?

Credo che il Milan sia in una fase di profondo cambiamento. Societario, ovviamente, ma anche tecnico.
Concentriamoci per un attimo su questo aspetto. L’andazzo è chiaro: il sistema paese ed il sistema calcio italiano sono in forte crisi. Va da sé che non possono più essere le nostre compagini a collezionare fuoriclasse. Quindi, bisogna pian piano ridimensionare. E questo non vale solo per il Milan.

Il 2007 è stato, secondo molti, il canto del cigno di un gruppo di fuoriclasse, che dopo la Champions persa in maniera incredibile due anni prima seppe, con grande orgoglio, tornare sul tetto d’Europa (prima, e del mondo poi). Era logico però che – ed allora c’era tutto il tempo per programmare la cosa – si sarebbe dovuto rifondare la squadra, con l’ingresso di forze fresche da plasmare grazie all’aiuto di quei senatori. Questo, invece, non sembra essere stato fatto. Negli ultimi anni il processo di ricambio è stato molto accelerato e ben poco ragionato. Lo svincolo di Pirlo grida ancora vendetta.
Ma soprattutto si è lasciato lo spogliatoio “nudo”, posto che la leadership non può essere lasciata in mano ad Abbiati, Bonera e Montolivo.

Non solo. Nelle ultime stagioni la proprietà ha iniziato a tirare i remi in barca. Sono stati fatti partire Ibrahimovic e Thiago Silva senza che venissero cercati dei rimpiazzi anche solo minimamente adeguati e si è investito sempre meno (e soprattutto sempre peggio). La situazione di oggi è figlia di una cattiva gestione che si è perpetrata negli ultimi anni. In cui la dirigenza ha provato a fare le nozze coi fichi secchi (tipo le acquisizioni dei già citati Silva ed Ibrahimovic) non riuscendo però ad avere una vision che permettesse al Milan di crearsi delle prospettive. Che oggi, possiamo dire, non ci sono. Se il processo di rifondazione poteva già essere al termine, infatti, va detto che ci si trova nella situazione esattamente contraria: si è solo all’inizio.Ibrahimovic e Thiago Silva al Milan

A cosa può ambire questa squadra è difficile dirlo. Io credo che il gruppo sia comunque di buon livello, se paragonato alla media della nostra attuale massima divisione. Penso infatti che con i giocatori a disposizione (tra cui moltissimi nazionali, anche vicecampioni continentali) la squadra non possa non puntare ad un posto in Europa.
Però i problemi sono tanti, in primis una guida tecnica obsoleta. Come dicevo sul mio blog un Diavolo non si dà mai per morto. Però non mi stupirei se il Milan, a meno di interventi societari “abbastanza pesanti” restasse fuori dall’Europa, la prossima stagione.

Galliani va via, Galliani rimane: ultimi giorni di tensione in società. Alla fine forse ci sarà la convivenza con Barbara.

Partiamo da un presupposto: Adriano Galliani è stato un grandissimo dirigente. Che ha fatto delle “magate” come degli acquisti incommentabili (la campagna estiva del 1997 di cui parlo nel mio blog è uno scempio unico). Ultimamente però la deriva era sempre peggiore. Alla mancanza di denaro si sopperisce con le idee. E non ritengo il massimo affidarsi alla sola immagine: ribadire ogni volta che il Milan fosse la squadra più titolata al mondo è doveroso da un punto di vista dell’orgoglio, ma non può coprire le magagne di un club. Acquistare ex Palloni d’Oro bolliti o quasi non aiuta a vincere altre Champions League. Puntare su nomi da copertina (di rotocalco rosa, però) come il Matri di turno per alzare un po’ di hype mediatico non trascinerà la squadra in campionato.

Nel complesso ritengo quindi che potesse essere arrivato il momento di un cambio, ma si è sbagliato assolutamente il modo.

Un ultimo appunto: molte idee portate da Barbara sono interessantissime. Vedremo come verranno messe in pratica però.

Oltre ad essere blogger, sei anche giornalista ed hai pubblicato un interessante ebook sulle giovani (e giovanissime) promesse del football. Come hai voluto sviluppare questo lavoro?

L’idea mi è venuta un normalissimo pomeriggio d’autunno, quando andai a bere un caffè con un amico. Chiacchierando e googleando ci imbattemmo in una lista delle presunte 101 giovani promesse migliori del mondo.
Dopo averci dormito su decisi di sviluppare quest’idea e creare una raccolta di schede in cui raccontare i miei giovani da tenere d’occhio. Non per forza per valore assoluto o potenzialità in prospettiva, ma anche per particolarità delle proprie storie o esoticità dei loro paesi di provenienza.La carica dei 201

Iniziando a lavorarci sopra ho finito col raccogliere 201 schede di ragazzi under 20 che ho pubblicato come “La carica dei 201” (il libro è in vendita in molte librerie online alla modica cifra di 99 centesimi).

La politica dei giovani attuata dal Milan (a partire dalla prima squadra) non ha entusiasmato i tifosi, almeno sul rettangolo verde; perché un Muntari continua ad esser preferito ad un Saponara?

Il Milan non sta attuando una politica “verde”. Un conto è ciò che viene detto, un altro ciò che viene fatto.

Perseguire una politica verde, per quanto mi riguarda, significa investire tanto sul proprio settore giovanile quanto sui migliori giovani che si riescono a trovare da inserire direttamente in prima squadra. E poi puntare su di loro.

Quando in estate dissi che Birsa – un giocatore che secondo molti arrivava a Milano per non vedere mai il campo – avrebbe rubato ulteriore spazio a Saponara in molti mi risero dietro. All’alba di dicembre sembra avessi ragione io.

Attuare una politica verde significa dare spazio nell’11 titolare, in maniera continua, ai giovani a propria disposizione. E significherebbe anche iniziare a valorizzare ragazzi come Petagna e Cristante, per dire un paio di prodotti delle giovanili.

Hai un occhio di riguardo per qualche ragazzo? Della Primavera e non?

Nel mio libro ho inserito le schede di alcuni giovani milanisti: Niang, Cristante e Mastour.

Il primo mi sembra un giocatore molto acerbo e non sono convintissimo abbia le carte in regola per arrivare ad aspirare ad un posto al Milan. Forse avrebbe bisogno di un prestito per maturare altrove.

Il secondo ha dei mezzi interessanti, ma fare il salto dalla Primavera al professionismo è sempre difficile: ritmi differenti. Un esempio è Barberis, ragazzo che fu protagonista di una stagione di assoluto valore quando giocò nella Primavera del Varese guidata da Devis Mangia (vicecampione nazionale) e che oggi stenta un sacco in Serie B. Però finché non ti viene dato spazio non hai modo di misurarti con certi palcoscenici. Se mancano i soldi per investire come un tempo servono idee. E soprattutto tanto coraggio.Hachim Mastour

Infine Mastour. Che da un punto di vista tecnico ha un bagaglio da vero funambolo. Troppo spesso, però, siamo rimasti scottati da funamboli incapaci di incidere ad alto livello.
Chi non si ricorda di Denilson, ad esempio? Il ragazzo deve essere seguito e “costruito”. Le potenzialità per far parlare di sé a lungo le ha. Deve però imparare che il calcio non è un gioco individuale. Che senza la squadra non si va da nessuna parte. E che meno il suo gioco sarà essenziale e più saranno alte le possibilità di vederlo incidere poco sul risultato.

La Primavera di Filippo Inzaghi è forse una delle poche note positive del mondo Milan, in questo scorcio di stagione. Il suo cammino nella Uefa Youth League ne è testimone. Credi che la squadra possa andare avanti nella competizione? E pensi che sia una buona vetrina, in generale, per i giovani e per la loro crescita?

Credo che i settori giovanili italiani siano gestiti, in generale, in maniera obsoleta.

Il sistema calcio italiano dovrebbe ripartire dai propri vivai, attuando una riforma completa degli stessi.
Pensare che un allenatore possa essere esonerato dalla guida di una squadra Allievi è assurdo. Ad una certa età si deve puntare alla crescita dell’uomo, dell’atleta e del calciatore, NON ai risultati.

Che la Primavera del Milan possa andare in fondo alla competizione mi interessa poco. I conti si faranno tra qualche anno, quando questi ragazzi saranno tra i professionisti.
Quanti giocheranno ad alto livello?

La Juventus tra il 2003 ed il 2012 ha vinto sei volte il Torneo di Viareggio. Quanti di quei ragazzi sono oggi titolari nell’11 di Antonio Conte? Con l’esplosione di Pogba, nessuno.

Personalmente mi interessano questi risultati. Non quelli sul campo.

Spesso invece i nostri club puntano a cercare ragazzi già più maturi proprio per vincere i trofei giovanili. Non ad assicurarsi e crescere i talenti. Tutto ciò è molto sbagliato.

Cosa consiglio? Una riforma, appunto. Che passi da un cambio di cultura sicuramente. E dalla creazione di qualche Centro Federale, un po’ come l’Institut National du Football de Clairfontaine in Francia. Luoghi in cui ci siano allenatori preparati, stipendiati dalla Federazione e che pensino esclusivamente allo sviluppo dei propri ragazzi, non a vincere coppette che possono dare un minimo di felicità sul momento, ma di cui resta poco nel lungo termine.INF Clairfontaine

In questo senso, ovviamente, le nazionali giovanili non contano: sono utili per far accumulare esperienza internazionale ai nostri ragazzi, che così possono confrontarsi con scuole di calcio molto diverse dalle nostre. Ma in un ritiro di quel tipo non si ha il giusto tempo per lavorare e crescere un ragazzo. In un Centro Federale invece sì. Solo per la cronaca (da giornalista, mi tocca): da Clairfontaine sono passati e a Clairfontaine sono cresciuti – tra gli altri – giocatori come Benatia, Anelka, Ben Arfa, Briand, Gallas, Matuidi ed un certo Thierry Henry…

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