Addio, Klas.

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Klas sbarcò in Italia quasi due decenni fa.

Di anni ne aveva 27 ed in carriera, a livello professionistico, aveva vestito le maglie del Goteborg, del Mechelen, del PSV e dello Sheffield Wednesday.

Proprio dall’Inghilterra salpò per Bari.

Nel giro della Nazionale da anni, era arrivato il momento di misurarsi con il campionato che all’epoca era probabilmente quello più bramato al mondo: la Serie A.

La scintilla, tra me e lui, scoccò subito.

Troppo innamorato di un certo tipo di giocatori per non farmi rapire da quello svedesone di centonovanta centimetri per quasi novanta chilogrammi che imperava sulla mediana dei Biancorossi.

Così dalla prima volta che giocai ad un Fantacalcio sino all’ultima in cui lui fu disponibile lo acquistai sempre. Perché certi amori travalicano le barriere della logicità e si spingono nell’intangibilità dei sentimenti, di ciò che un giocatore ti trasmette al di là del suo effettivo rendimento in campo.

Così non passava anno che non affidassi a lui le chiavi del mio centrocampo.

Certo, i campioni non mancavano. Ma uno dei punti fissi della mia squadra non poteva non essere questo vichingo forgiato nella lonsdaleite.

In Italia ci rimase sino al 2000, per poi trasferirsi a Marsiglia. Pochi mesi, ed ecco il ritorno nel Belpaese, dove chiuse la carriera.

Perché la storia sportiva di Klas Ingesson è fortemente legata al nostro paese.

57 presenze e 13 goal con la maglia dei Blågult, fu uno dei punti fermi della – potremmo dire – trionfale spedizione svedese ad USA 94.

Titolare in tutti e sette i match, infatti, contribuì fattivamente all’ottimo terzo posto finale della sua nazionale. Andando anche a realizzare un rigore nella serie consumatasi contro la Romania di Hagi. Uno scontro molto combattuto in cui lui, dall’alto della sua grandezza, andò a battere il quinto penalty della sua squadra.

Smessi i panni da calciatore nel 2001, nel 2009 arrivò la malattia che, dopo anni di combattimenti, ce lo ha portato via: mieloma multiplo.

Diventato nel frattempo allenatore, Klas Ingesson ha combattuto il suo male con la stessa vigoria che ha sempre messo in campo. Quella voglia di lottare e di vincere che lo fece diventare un idolo dei tifosi tanto a Bologna quanto, soprattutto, a Bari.

E che, ancor di più, lo fece diventare pedina inamovibile di ogni mia Fantasquadra…

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