L’Opinione – Club italiani surclassati in Europa. Senza soldi non si compete nel calcio di oggi!

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C’era un tempo in cui i soldi contavano, ma non erano tutto.
Un tempo in cui i grandi club europei sfruttavano un maggior potere d’acquisto per costruire grandi squadre, ma non sempre i soldi bastavano.Steaua Bucarest campione d'Europa

Parliamo di un’epoca in cui il calcio non era ancora globalizzato come lo è oggi. In cui sì, appunto, i soldi contavano e potevano fare la differenza, ma era altresì importante saper lavorare sulle proprie giovanili ed avere alle spalle un movimento nazionale di livello per riuscire ad imporsi anche al di fuori dei propri confini.

Del resto l’evoluzione compiuta dal calcio è palese a tutti.

Nel corso della storia ci sono state squadre come la Steaua Bucarest o la Stella Rossa capaci di imporsi in Coppa dei Campioni anche senza appartenere a paesi particolarmente sviluppati. Quindi senza avere il potenziale economico di certe “big”, né probabilmente il blasone di alcuni club italiani, inglesi o spagnoli.

Oggi tutto ciò è invece praticamente impossibile a causa dei fondi sempre più massicci che vengono investiti da alcune società per provare a primeggiare (negli ultimi nove anni hanno vinto la Champions solo squadre italiane, inglesi, tedesche o spagnole).

Così se il Real Madrid può spendere cifre folli sul mercato per assicurarsi superstar come Bale o Isco, le varie Stella Rossa, Steaua, Ajax, Feyenoord e Celtic, ma perché no il Porto o il Benfica, possono solo stare a guardare le foto sempre più sbiadite dei propri successi europei, pensando ad una storia che – senza un’inversione di rotta – non si ripeterà più.

Certo, questo discorso a qualcuno farà anche comodo. Le squadre che davvero competono per la massima competizione continentale sono sempre meno, ciò significa che le avversarie vere dei top team sono sempre più ridotte.
D’altro canto, però, il rischio è che la Champions inizi a diventare monotona, sempre più segnata da cicli.

Prima è stata la volta del Barcellona, capace di centrare tre coppe in sei anni, ora sembra essere la volta del Bayern, con tre finali negli ultimi quattro anni (e coi bavaresi che partono da favoriti anche quest’anno).

Ma non solo. Il problema vero, per noi italiani, è lo stato economico del nostro paese. E, di riflesso, del nostro calcio.

Rimanendo all’aspetto che più ci interessa, quello riguardante lo “sport più bello del mondo”, in Italia sembrano finiti i soldi che Juventus, Milan ed Inter (ma non solo, nell’epoca d’oro del nostro calcio, durato purtroppo pochissimi anni, anche Fiorentina, Parma e le romane facevano la voce grossa sul mercato) investivano ogni anno.

Così di campionato in campionato vediamo una serie di talenti abbandonare lo Stivale (quest’anno qualcuno è anche arrivato, ma solo grazie ai soldi incassati dalle cessioni… e per molti il saldo è comunque negativo) e ridursi le possibilità di imposizione europea delle nostre compagini.

Così se tecnicamente la nostra scuola sta comunque dimostrando di avere più di qualche problema (non c’è più quell’abbondanza di talenti Azzurri di cui potevamo godere solo dieci anni fa) e tatticamente continuiamo a cavarcela (nonostante noi si sia ancora piuttosto ancorati al nostro retaggio “difensivista”), il problema vero è in banca.

E senza soldi, in un mondo in cui si può giocare la Champions anche senza nessun giocatore autoctono, non si può competere ad altissimo livello.

Una conferma di quanto l’Italia sia sempre più ai margini del calciomercato mondiale (se non come terra da saccheggiare, con le partenze dei vari Cavani e Jovetic tra gli altri) arriva dal sito caughtoffside.com,

Top 11 calciomercato 2013

Che al termine dell’ultima campagna acquisti ha stilato la propria Top XI degli acquisti compiuti dai club europei.

Valutazioni assolutamente personali, intendiamoci, ma che danno un’idea ben precisa di quello che è il nostro calcio oggi.

In questa Top XI, infatti, non c’è traccia di Italia. Se non per quanto concerne quel Marquinhos che, però, ha lasciato il Belpaese, non vi è sbarcato quest’estate…

Qualcuno potrebbe obiettare: e Tevez, Higuain, Gomez?

Beh, come competere con Bale, Gotze (ma ci sarebbe stato tranquillamente anche Isco), Ozil (idem) e Falcao?

Come risolvere una situazione del genere?

La strada è lunga e tortuosa, e per come vanno le cose nel nostro paese non c’è molta speranza venga imboccata.

Per prima cosa andrebbe rivoluzionato il sistema-paese, in cui ormai ogni investimento viene praticamente fatto a fondo perso e scoraggia qualsiasi investitore, italiano come straniero (a questo riguardo curioso di vedere come si concluderà la faccenda-Tohir e come l’indonesiano opererà in Italia qualora ci venisse davvero).

Poi bisognerebbe riformare il calcio. Stadi, violenza, razzismo, attrattività. Tutto.

Ma finché questa rivoluzione non sarà compiuta (e ripeto, non illudiamoci…) come possiamo cavarcela?

Con la programmazione.

L’Italia sta perdendo appeal in ogni senso ma resta ancora un paese piuttosto ricco nel suo complesso, anche grazie a delle “sacche di ricchezza” presenti sul territorio.

In questo senso le risorse per organizzare bene una società che possa competere ad un certo livello, anche se magari senza essere forte quanto Barcellona, Real o Bayern, ce l’abbiamo.

Ma bisogna lavorare in maniera intelligente. Tornare a formare, e non mortificare, i talenti. Che devono vedere le proprie qualità tecniche esaltate, non imbrigliate in troppi dettami tattici.
Investire sui nostri vivai, perché per quanto noi si abbia forse vinto più di quello che la nostra scuola meritava (così pensano alcuni, e diciamo che in effetti la nazionale più forte al mondo non so quante volte lo si sia davvero stati, di certo non nel 1982 né nel 2006…), è altrettanto vero che di campioni ne abbiamo sempre sfornati a bizzeffe e non è possibile che dopo gli eroi di Germania la vena si sia esaurita.
Infine, tornare a spendere bene. Senza comprare tanto per. Pianificare ogni mossa, acquistare solo giocatori davvero utili al progetto ed innalzare di anno in anno, anche solo di poco, il livello tecnico della squadra.

Il Borussia Dortmund, che pur ha un pubblico spettacolare, non pare avere le stesse risorse economiche del Bayern, né delle squadre “arabe” o delle big spagnole (foraggiate dalle banche). Eppure lo scorso anno ha centrato la finale di Champions.Borussia Dortmund in finale di Champions

Classico esempio di come lavorare coi giovani e pianificare il lavoro con attenzione può portare a competere ad armi quasi pari anche con le superpotenze del calcio globalizzato di oggi.

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