L’Opinione – Io da quel carro non ci sono mai sceso. E non lo farò adesso.

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La finale di ieri, nel bene e nel male, passerà alla storia.

Un po’ perché un 4 a 0 non si verifica certo spesso in partite di questa importanza. Un po’ perché non era mai successo che una nazionale riuscisse a vincere due Europei di fila, tantomeno con un Mondiale in mezzo. Un po’ perché la nostra nazionale non era accreditata della finale. E, infine, perché l’Italia è alla terza finale persa, su quattro disputate, negli ultimi 18 anni (Usa 94 ed Euro 2000 le altre).

Questa, però, era assolutamente segnata in partenza. Ancor prima che dalla condizione precaria degli Azzurri dalla strapotenza iberica, che pur non essendosi notata nel derby contro la Spagna era palese sarebbe uscita contro di noi.

Perché diciamolo chiaro: l’Italia contro la Germania ha compiuto un mezzo miracolo e strameritato di vincere. Ma i demeriti tedeschi sono stati altrettanto palesi.

E’ stata proprio la squadra di Low, forse schiava di un complesso d’inferiorità ormai atavico, a metterci in condizioni di vincere, attuando un gioco (verticalizzazioni per una punta statica e traversoni dalla trequarti che difficilmente potevano impensierire difensori come i nostri) assolutamente alla nostra portata.

Il tiki-taka spagnolo, invece, non poteva che far collassare l’ambaradam.

In questo le colpe sono anche – e soprattutto – di Prandelli.

Intendiamoci: onore a lui, che ha saputo comunque guidare alla grande questo gruppo là dove nessuno si aspettava potesse arrivare.

Detto ciò, però, come ha ammesso proprio oggi gli è mancato il coraggio di rivoluzionare la squadra sul più bello, cercando di ovviare a stanchezza ed acciacchi.

Con un risultato chiaro: asfalto spagnolo sulle rovine della squadra che aveva ridicolizzato gli inglesi per poi imporsi alla grande sui favoritissimi tedeschi.

La Spagna era comunque palesemente più forte, certo. Onore a loro.
Peccato solo per quei sospetti di doping che qualcuno continua a muovere all’indirizzo dell’intero movimento sportivo spagnolo. Speriamo solo tra qualche anno non si finisca con lo scoprire l’irreparabile…

Onore alla Spagna, dicevo, ma è giusto sottolineare i demeriti dei nostri, in particolar modo di Prandelli.

Chiellini era palesemente fuori condizione. Infortunatosi prima di iniziare l’Europeo, ha dovuto combattere per un mese contro sé stesso prima ancora che contro gli avversari.
Peggiore in campo dell’11 titolare contro la Germania, sarebbe dovuto rimanere in panca ieri. Per dare spazio a quel Balzaretti che è stato una delle rivelazioni assolute di questo torneo.

Non è certo un caso se l’1 a 0, quello che inizierà ad aprire le prime vere falle nella comunque fragile impalcatura Azzurra, arriverà proprio dalla sua parte.
La pesantezza in quello scatto con cui proverà a chiudere Fabregas è l’istantanea perfetta dell’errore commesso da Prandelli. Che poi sarà costretto a toglierlo dal campo a metà del primo tempo, infortunato.

Altro errore, fondamentalmente quello su cui gli spagnoli hanno potuto costruire la loro vittoria, è l’aver inserito la coppia Balotelli-Cassano.

Difficile lasciarli in panchina dopo quanto fatto vedere in semifinale, siamo d’accordo. Ma regalare due giocatori agli avversari in fase di non possesso è stata la vera sconfitta Azzurra.

Perché logico che così poi i centrocampisti si trovano sempre da soli in mezzo a tre avversari ed il giropalla spagnolo diventa più che elementare.

Fondamentalmente hai due opzioni per attaccare il possesso spagnolo: pressare come fanno loro, che raddoppiano pure le foglie anche oltre la metàcampo, oppure creare grandissima densità quantomeno all’interno della tua trequarti. Impedire quindi si crei anche solo il più piccolo spiraglio. Cosa che fece benissimo l’Inter del Triplete, giocando con undici uomini dietro la linea del pallone. Cosa che non ha saputo fare minimamente ieri l’Italia, pur essendo, dicono, la maestra del catenaccio.

Niente catenaccio, dunque, ma nemmeno la propositività delle ultime partite. Un mix letale che ha portato i nostri, per di più acciaccati e palesemente fuori partita a livello mentale, a subire una batosta che ha preso le forme della goleada quando Prandelli ha compiuto l’ultimo errore di una sua personalissima serata ultra negativa: l’inserimento di Motta al posto di Montolivo.

Inserimento sbagliato per diversi motivi: sul 2 a 0 non ha senso mettere un mediano per un trequartista. Contro gli spagnoli non ha senso mettere in campo il giocatore più statico della squadra. E, ultimo ma non meno importante, non puoi sprecare la terza sostituzione per inserire il più fragile tra i tuoi giocatori.

Detto-fatto Motta dopo pochi minuti abbandona il campo in barella. Stiramento, strappo. Chissà. Fattostà che lì non solo finisce la partita degli Azzurri, ma inizia il dilagamento spagnolo, che resterà negli annali per sempre.

Serata storta, insomma, per Prandelli e per i suoi. Cui va però riconosciuto il merito di esserci arrivati fino alla finale di Kiev. Risultato impensabile solo ventiquattro mesi fa, dopo il tracollo sudafricano.

Ora vedremo in che direzioni andrà questa nazionale.

Perché il secondo posto odierno dovrebbe essere un punto di partenza e non di arrivo, certo. Ma è altresì vero che il faro di questa squadra, Andrea Pirlo, ha ormai 33 anni. E che se non si troveranno alternative valide i prossimi tempi potrebbero non essere così solari.

Prima di chiudere questa parentesi europeo per tornare poi nei prossimi giorni a parlare di squadre di club mi permetto un paio di considerazioni.

Innanzitutto quel benedetto carro. Su cui non c’era quasi nessuno ad inizio Europeo, su cui è salita quasi tutta Italia durante la partita con la Germania, da cui sono scesi praticamente tutti ieri sera.

Un carro su cui io ho messo radici da vent’anni. E da cui non scenderò certo oggi.

Perché si può vincere e si può perdere. Si può meritare o demeritare. Si possono sparare bolidi all’incrocio o sbagliare formazioni. Ma l’Italia resta l’Italia e l’Azzurro il colore in cui mi specchio da quando sono nato.

Nella buona e nella cattiva sorte su quel carro ci resterò. Criticando quando sarà il caso di farlo, come è giusto, incensando quando i ragazzi mi faranno rimanere a bocca aperta, come dopo la partita giocata contro la Germania. Ma sempre e comunque col mio posto ben saldo sotto al sedere.

E spero che come me ce ne siano tanti. I tifosi occasionali si occupino d’altro.

Ma non solo.

Basta moralismi banali e basta sorrisini sciocchi.

Da una parte mi sono dovuto sorbire per un mese una campagna anti-competizione da parte di chi aveva preso molto male – anche giustamente – il massacro dei cani avvenuto in Ucraina. Roba come “voi esultate loro no”, con tanto di foto cruente sicuramente di poco gusto.

Il fatto è semplice: bisogna saper scindere i due discorsi.

L’Europeo è una cosa. Il gioco del calcio è una cosa. La mia nazionale è una cosa.
Gli errori di un governo, come in questo caso quello ucraino, TUTT’ALTRA.

Sono due mondi che per quanto si siano sfiorati in questo caso non devono entrare in contatto.

Inutile dirmi che non devo esultare se la mia nazionale vince, in rispetto di quei poveri cani. Perché io rispetto ne porto. Ma so scindere le questioni veramente importanti dallo sport. Cosa che tutti questi falsi moralisti non riescono a fare.

Il tutto poi, ovviamente, è solo un “dagli all’italiano”. Non un solo link su Facebook ho visto ieri che dicesse agli spagnoli di non festeggiare. Come se i cani ucraini si sentissero offesi solo dalle nostre esultanze, eventualmente.

Per quanto riguarda i sorrisini, invece… capisco il fatto che ci sia chi non concepisca che una persona come me o tanti altri vedano il calcio, pur sapendolo distinguere bene dalle cose realmente importanti, la propria vita.

Però Dio o chi per esso ha voluto che effettivamente ci sia chi brucia di passione. Che sia per il calcio, un qualsiasi altro sport, una forma d’arte o altro poco importa. Il dato di fatto resta uno: il calcio è la mia vita. Se la mia nazionale perde ci resto male. Non per questo non riesco a capire cosa voglia dire la crisi economica e soprattutto culturale che stiamo attraversando, la morte di una persona, o altro. Anzi.

Però… beh, però se dovete venire a consolare chi brucia di passione con quei sorrisetti alla “ti prendi male per una partita, sei un povero ignorante” lasciate perdere.

Perché non siete voi a dover compatire noi. Ma noi a compatire chi come voi è tanto arido da non saper cosa voglia dire vivere di qualcosa.

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3 commenti

  1. bellissimo articolo che condivido appieno.anche io non sono sceso e non scenderò mai da quel carro fermo restando il diritto di critica.al netto degli errori commessi(che ci possono stare,chi non ne commette?)penso che la vera differenza l’abbia fatta la condizione atletica che deve assolutamente sorreggerti con dei mostri di tecnica come gli spagnoli;se infatti sono loro ad arrivare prima sulla palla,non la vedi mai o quasi.
    mi permetto un solo appunto perchè ho visto su vari siti riportato il riferimento ai sospetti di doping per gli spagnoli.fino a quando non viene dimostrato il contrario non è vero.non è possibile che quando una squadra corre di più,magari perchè si è allenata meglio o perchè si è riposata di più si debba automaticamente fare riferimento al doping(chiaramente solo se non è una squadra per cui simpatizziamo).quindi semplicemente eravamo più stanchi noi e non abbiamo avuto il coraggio di non essere riconoscenti e di cambiare alcuni protagonisti(ma anche io lo dico col senno del poi).questo è un buon progetto che va continuato con un uomo serio come prandelli e che va appoggiato da figc(sono molto scettico)e dai club investendo di più sul nostro vivaio che ha poco da invidiare a quello spagnolo.cordiali saluti.

    1. Attenzione, io non sto dicendo si dopino.
      Sto dicendo che è oggettivamente un peccato che una squadra così forte (e lo è senza ombra di dubbio) veda i propri successi sporcati da certe accuse più o meno velate.
      Infondate?
      Non so, non mi sembra lo siano completamente. Perché in effetti in Spagna c’è stato un boom in tantissimi sport negli ultimi anni, guarda caso un periodo storico in cui ci sono stati importanti questioni legate al doping.
      Logico che si possa pensar male.

      Ma non volevo in alcun modo sminuire le loro vittorie. Anzi.

      E’ palese che la forma della nostra nazionale fosse inferiore a quella di tante squadre, per altro. Non solo della Spagna. Che per altro nella semifinale stessa non aveva dato la stessa idea di brillantezza, chiaro sintomo di come anche a loro capiti di essere un po’ appannati.

      Spero di aver chiarito meglio il mio pensiero! 🙂

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