Artyom Dzyuba: il calcio, le sportellate e… la metro di Mosca!

Artyom Dzyuba mi ha sempre dato l’impressione di essere un gigante buono, con quel fisico da corazziere di rango (196 centimetri per 91 chilogrammi, le misurazioni ufficiali che riporta il sito dello Zenit) e quel viso da classico “non svegliare il can che dorme”.

Artyom Dzyuba

Insomma, un ragazzo sì dalla forza fisica e dalla volontà combattiva notevole, ma non un giocatore scorretto nel senso pieno della parola.

In questo senso anche le statistiche parlano chiaro: nonostante la sua tipologia di gioco sia proprio tutta costruita sulla forza fisica e la capacità di contrasto, nel corso dell’ultima stagione ha raccolto tre sole ammonizioni in quarantaquattro match disputati con la maglia del suo club. Un’inezia, se pensiamo che nei suoi anni “d’oro” un giocatore come Mario Balotelli, quasi altrettanto fisicato ma certo infinitamente meno portato alla battaglia ed al contrasto, arrivò a guadagnare anche 15 ammonizione in una stagione. Il quintuplo.

Cresciuto nelle giovanili dello Spartak Mosca, ha fatto una certa fatica ad imporsi nel club che lo ha cresciuto, passando addirittura attraverso quattro prestiti (due al Tom Tomsk e due al Rostov) nell’arco della sua carriera da professionista, iniziata ufficialmente nel 2006, con l’esordio in Coppa di Russia contro l’Ural.

Fin da subito Artyom Dzyuba, nato nel 1988 nell’allora Unione Sovietica, si impose come uno dei giovani talenti più interessanti di Russia, in un paese che di talento calcistico sembra non averne in abbondanza da tempo.

Intendiamoci, da un punto di vista tecnico non è certo un giocatore irresistibile: non salta gli uomini con facilità (del resto con quelle fattezze solo Ibrahimovic credo si sia potuto permettere di farlo), non crea goal dal nulla, non ha un calcio particolarmente fine (in questo lo stesso Balotelli lo supera di molto) né tira con la massima efficacia, è sì un buon colpitore di testa ma più per una questione di misure che non di gesto tecnico in sé.

Allora, perché considerare Artyom Dzyuba un talento?

Semplice, perché il calcio non è solo destrezza fine, controllo orientato e dribbling.

Ecco, Artyom Dzyuba non sarà ovviamente mai, né credo nessuno abbia mai potuto pensare che sarebbe diventato, un giocatore di altissimo livello. Da “top club”.

Artyom Dzyuba

Però ha una grande combattività, spirito indomito ed una notevole capacità, oggi che ha ormai raggiunto la piena maturità fisica e non solo, di duellare fisicamente anche con il centrale più rude, pur senza trascendere nella scorrettezza fine a sé stessa.

Emblematico è stato il match disputato in apertura d’Europeo con l’Inghilterra: nei novanta minuti dello Stade Vélodrome di Marsiglia Artyom Dzyuba fece il diavolo a quattro, provando a salvare almeno l’onore della malconcia rappresentativa russa.

Lasciato totalmente solo da una fase offensiva disorganizzata, senza talento, direi demineralizzata, il roccioso centravanti nativo di Mosca si calò nella parte di un soldato dell’Armata Rossa mandato allo sbaraglio contro l’esercito nazista iniziando fin dal primo secondo ad ingaggiare duelli fisici a ripetizione, in particolare contro i centrali d’Oltremanica che per l’occasione non erano esattamente due scriccioli: Cahill e Smalling.

Imbracciata la baionetta il soldato Dzyuba si dannò l’anima, pur senza riuscire a bucare la resistenza della Linea Maginot in salsa inglese.

Una prestazione quasi commovente, in un quadro di povertà tecnica estrema.

Quella sera, ma più in generale in un po’ tutti i tre match disputati dalla Russia ad Euro 2016, Artyom Dzyuba sembrava in missione per conto di Dio.

Come un novello Blues Brothers, ma in versione russa. Ecco, forse più come un suo omonimo, quell’Artyom Alekseyevich Chyornyj protagonista del romanzo (e poi videogame) “Metro 2033”.

Dzyuba, calcisticamente, l’ho incontrato sul mio cammino ben prima di conoscere a livello letterario il personaggio scaturito dalla fantasia di Dmitrij Gluchovskij. Ma nonostante fosse anche stato uno dei miei punti forti di una carriera – tra le poche – che giocai a FIFA sulla PlayStation 3, il suo nome non mi ha mai bucato fino in fondo la fantasia.
Certo, per i centravanti iper-fisicati ho sempre avuto un debole, specialmente a livello videoludico. Però Dzyuba, probabilmente anche per la fatica che ha fatto ad imporsi, non mi ha mai acceso davvero la fantasia, pur reputandolo un giocatore con delle prospettive.

Artyom Dzyuba

L’Artyom deputato a salvare la VDNKh invece mi ha subito colpito abbastanza.

Intendiamoci, non trovo Metro 2033 un capolavoro. Né per qualità di scrittura, né per svolgimento di una storia che a mio avviso aveva un grandissimo potenziale ma che è stata sfruttata meno e peggio di come avrebbe potuto.

Per chi non conoscesse Metro 2033 – di cui ho anche comprato l’edizione “redux” del videogioco, che fonde in uno solo disco i due capitoli – una rapida fotografia: siamo nel 2033, appunto, ed i pochi moscoviti sopravvissuti all’olocausto nucleare consumatosi vent’anni prima sono costretti a sopravvivere all’interno delle gallerie della metropolitana.

Tra questi c’è proprio il nostro Artyom, rimasto orfano dopo la morte del padre nel conflitto nucleare e della madre durante un assalto di topi alla stazione Timirjazevskaja.
Di fatto adottato dal suo salvatore, Sasha, il giovane russo verrà un bel giorno incaricato da un amico del suo patrigno di viaggiare fino alla Polis per raccontare dei sempre più frequenti assalti subiti dalla sua stazione ad opera dei Tetri, mutanti antropomorfi infiltratisi nelle gallerie e, pari, capaci di insinuarsi anche nella psicologia delle persone, minandole da dentro e lasciandole in preda al terrore.

La storia della pubblicazione di questo romanzo di fantascienza è particolare: terminatane la stesura Gluchovskij ne inviò il manoscritto ad un editore, che ne respinse la pubblicazione.

Distribuito gratuitamente in rete, Metro 2033 fece successo e scalpore, venendo per altro modificato tramite i contributi dei vari utenti/lettori. Fino a che nel 2005 non è stato finalmente pubblicato anche in forma cartacea.

Da un punto di vista stilistico, per quanto non abbia una preparazione tecnica per poterlo analizzare, non mi sembra un capolavoro, dicevo.

Ma essendo un romanzo post apocalittico – e qui sono gusti – mi ha comunque preso parecchio, perlomeno nella sua ambientazione. Un’umanità praticamente autodistruttasi, condannata a vivere come topi all’interno delle gallerie, senza più buona parte della tecnologia, al freddo ed all’umido, senza il sole battente, con le varie stazioni dominate da fazioni diverse, e per lo più in preda all’anarchia o al dispotismo.

Metro 2033

Proprio all’interno di questo scenario davvero drammatico si sviluppa la storia del nostro Artyom, caricato di fatto della responsabilità di affrontare un viaggio ricco di insidie per provare a dare una speranza all’intera metropolitana.

Un po’, ovviamente caricando di molto il significato di una partita, quanto capitato al buon Artyom Dzyuba. Che sulle sue spalle non aveva il futuro di tutto quanto rimanesse della Russia, ma di buona parte delle speranze della Russia calcistica sì.

I destini dei due Artyom, in un parallelo certo azzardato, sono quindi legati da questa feroce lotta contro le avversità, alla ricerca di una speranza.

E se il Ranger passerà attraverso le varie stazioni e le loro peripezie per raggiungere la Polis – e quello che succede poi non ve lo svelo, evito gli spoiler – Dzyuba combatte con non meno valore su ogni pallone per provare a raggiungere un risultato importante contro un avversario sulla carta sicuramente più forte ed accreditato.

Due prestazioni da occhi lucidi e che hanno entrambe colpito la mia fantasia, con quel filo rosso in comune dato dal nome che non poteva non farmeli accostare.

A margine, va detto che Dzyuba dopo qualche difficoltà di troppo pare aver finalmente raggiunto un buon livello di gioco anche a prescindere da quanto mostrato ad Euro 2016, dove comunque essendo lasciato solo con sé stesso là davanti non ha potuto brillare più di tanto.

Nel corso dell’ultima stagione i tabellini parlano infatti di 44 match giocati per 3551 minuti di impiego, con ben 22 reti segnate.

Una buonissima media per un giocatore che fa anche tantissimo lavoro sporco grazie del quale, in un contesto organizzato, possono approfittare anche i compagni.

Ma soprattutto uno score notevole per un giocatore che prima di oggi non era mai andato oltre i 19 goal in stagione, con tre sole annate in doppia cifra.

Artyom Dzyuba

E chissà che alla fine, dopo le mille altre stazioni che ha da visitare e battaglie che ha da compiere, anche il buon Artyom Dzyuba, come il suo omonimo romanzesco, non riesca a raggiungere la sua Polis, provando per lo meno a testarsi in uno dei principali campionati europei (e, chissà, alla fine magari anche pentendosene…).


Seguimi su:
Facebook      Twitterblog      Twitterpersonale      G+      Youtube      Instagram

Tutti i diritti riservati all’autore. Nel caso si effettuino citazioni o si riporti il pezzo altrove si è pregati di riportare anche il link all’articolo originale.