L’Opinione – Milan: è davvero la fine di un’era?

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“Il Presidente ha altro cui pensare”, “Galliani è bollito”, “Braida non conta nulla”, “Barbara non ha la competenza adatta”.

Sono queste alcune delle frasi che sento ripetere più spesso ai tifosi del Milan, che conosco o in cui mi imbatto in rete.Berlusconi e Galliani

Il pessimismo ormai è imperante. Ed ovviamente la cosa è capibile: la squadra attualmente naviga in zone di classifica poco confortanti, essendo tredicesima con quattordici soli punti guadagnati in tredici match (venti giusti meno della capolista Juventus e a meno quattordici dal terzo posto), cioè a quattro sole lunghezze dalla zona retrocessione.

I punti su cui si soffermano più spesso i ragionamenti dei supporter Rossoneri sono noti: la presunta stella della squadra, Balotelli, colleziona cartellini più che goal. L’allenatore sembra essere inadeguato al ruolo che occupa (ed è ormai quasi solo un parafulmine per la società, aggiungo io). La rosa è povera di talento in un po’ tutti i reparti. L’unico a giocare bene è un quasi ex giocatore che però, grazie al talento e alla professionalità, riesce ad emergere in un contesto “povero” come quello Rossonero. Ecc, ecc, ecc.

Bene.
Sinceramente ho poco da obiettare a chi fa ragionamenti di questo tipo, perché rispecchiano abbastanza fedelmente la realtà delle cose.

Ma… c’è sempre un ma.

Da quando seguo il calcio con buona costanza (ahimè il conto degli anni è ovviamente in continua crescita) devo dire che non è la prima volta che mi trovo ad assistere a situazioni simili che riguardano il Milan.

Del resto il calcio, un po’ come dovrebbe essere (e speriamo sia) per l’economia, vive di cicli.
Nessuna squadra può pensare di vincere sempre e per sempre.

Così si alterneranno momenti, composti da una o più stagioni, in cui le cose andranno bene (Milan di Sacchi, Capello e Ancelotti per restare in ambito Rossonero, Juventus di Lippi e Capello per fare un paio di esempi colorati di bianco e nero, Inter di Mourinho per venire all’altra compagine milanese) ad altri in cui nulla sembrerà girare e non si vedrà la luce in fondo al tunnel (dal Milan di Tabarez all’Inter di Orrico passando per la Juve del ritorno in A post Calciopoli, gli esempi sarebbero svariati anche solo limitandoci alle tre “grandi strisciate” del nostro calcio).Corrado Orrico

Quindi non tutto è perduto, cari amici milanisti.

Del resto giusto oggi pomeriggio mi sono imbattuto nella lista degli acquisti fatti nella stagione 97-98 dal club. E credo che, soprattutto visti col senno del poi, fossero stati quasi tutti acquisti senza capo né coda.

Eppure… eppure da quel momento in avanti il Milan ha saputo ritrovarsi e darsi nuovo slancio verso altre gloriose vittorie. L’elenco della spesa sarebbe inutile farlo. E credo basti citare le Champions vinte nel 2003 e nel 2007.

Ma chi furono i prodi guerrieri sbarcati nella Milano Rossonera quell’anno?

Come portieri arrivarono Simone Braglia e Massimo Taibi.
Il primo sarà una semplice riserva, il secondo un buco nell’acqua clamoroso: dopo le buone cose mostrate a Piacenza, infatti, l’ex Licata non riuscirà a ripetersi in una piazza importante come Milano, mettendo in scena una serie di prestazioni non all’altezza e finendo col perdere il posto in favore di Sebastiano Rossi al termine del girone d’andata. Venendo poi prestato al Venezia la stagione successiva e ceduto quella dopo ancora.

Non molto differente il discorso che riguarda la difesa. Il partente Reiziger sarà rimpiazzato con l’ex compagno Winston Bogarde, ma i tifosi non apprezzeranno miglioramenti.

Sui navigli approderanno anche Steinar Nielsen dal Tromso e Dario Smoje dal Rijeka.
Il primo non fu consideratissimo. A questo si aggiunse la sfortuna di una problema al menisco esterno, e finì col giocare pochissimo, venendo spedito a Napoli al termine della stagione (dopo tre anni in Campania tornerà là da dove era partito).
Il secondo non avrà molta più fortuna in maglia Rossonera, e dopo un paio di stagioni discrete passate in B a Monza tenterà il rilancio a Terni, decidendo però di tornare in patria nel 2001, per non fare mai più ritorno in Italia (e tantomeno al Milan).Dario Smoje

Un pochino di più seppe fare Giuseppe Cardone che, cresciuto proprio nelle giovanili della società guidata da Silvio Berlusconi, tornò all’ovile dopo un breve girovagare tra Pavia, Leffe, Lucchese e Bologna.
Le cose non andarono comunque a meraviglia, e dopo una stagione in cui collezionò qualche presenza venne accantonato da mister Zaccheroni, giunto al Milan l’anno successivo, per essere ceduto definitivamente nel gennaio del ’99.

E che dire di Christian Ziege? Giunto in Rossonero coperto dalle più alte aspettative, non seppe mantenere le promesse. E dopo un paio di stagioni condite da alti e bassi (pochi alti e tanti bassi, oserei dire) tenterà una comunque non fortunatissima avventura inglese, per chiudere poi la carriera nel 2005 al Gladbach.

Assolutamente nulla di eccezionale nemmeno l’esperienza milanista di Andrè Cruz, che dopo le tre buone stagioni disputate a Napoli sbarca al Milan nonostante fosse ad un passo dall’Inter (che per una sorta di risarcimento girarono ai cugini Checco Moriero, appena acquistato dalla Roma) senza però brillare come ci si aspetterebbe da lui. Che, esattamente come Cardone, sarà messo ai margini della squadra l’anno successivo da Zac, decidendo di accettare il prestito allo Standard Liegi nel gennaio successivo.

Tra i vari cavalli di ritorno, oltre a Cardone, ci fu anche Roberto Donadoni. Che dopo le grandi cose fatte tra l’86 ed il 96 decise di tentare l’avventura newyorkese, salvo poi tornare all’ovile proprio nell’estate del 1997.
Anche per lui un impatto non straordinario con questa nuova vecchia esperienza, con un totale di 29 presenze collezionate in due stagioni che gli fecero maturare la decisione di tentare una nuova scommessa esotica firmando con l’Al Ittihad nell’estate del 1999.

A centrocampo quell’anno arrivarono anche Ibrahim Ba e Giampiero Maini.
Il primo, subito ribattezzato Beaujolais nouveau dal Presidente Berlusconi, ebbe un rendimento altalenante ed è ricordato dai tifosi più per la sua figura pittoresca (colored coi capelli ossigenati) che non per le gesta in campo. Il secondo, reduce dalla Coppa Italia conquistata a Vicenza, scenderà in campo ben 25 volte. Risultando così uno dei principali artefici della pessima stagione disputata dai Rossoneri.
Lascerà anche lui la squadra a gennaio del 1999.Ibrahim Ba

L’unico acquisto di peso in mediana, quindi, fu quello di Leonardo, che sbarcò a Milano proveniente da Parigi. La sua classe e la sua personalità non aiutarono a non far affondare la nave, certo, però furono determinanti per la vittoria dello Scudetto dell’anno successivo.

Infine, l’attacco. E cari amici milanisti: reggetevi forte.

La vera e propria punta di diamante doveva essere Patrick Kluivert. Che dopo aver purgato proprio i Rossoneri in finale di Coppa dei Campioni solo un paio d’anni prima era pronto a vestire i panni di novello Van Basten.
Nulla di più sbagliato.
In Rossonero resterà un solo anno, non dimostrando l’attitudine e la cattiveria agonistica giusta per affrontare il nostro campionato, meritandosi la fama di mangia-gol ed attirando su di sé le attenzioni della Gialappa’s Band.
Esperienza meneghina che, così, durerà solo un anno per lui.

L’altro acquisto, destinato a dare nuova linfa al reparto offensivo milanista, fu Andreas Andersson. Capace di siglare una sola rete (per altro inflitta ad un ragazzo che lasciò il Milan proprio quell’estate, Pagotto) finendo con lasciare il Duomo e la Madonnina solo dodici mesi più tardi.

Insomma, in quell’intera sessione di mercato possiamo dire si salvò un giocatore solo.

E chissà quanti furono i tifosi milanisti che, all’epoca, sentivano come se un’era Rossonera fosse destinata a chiudersi.

Eppure… eppure il Diavolo è tornato a scaldare i cuori e vincere molto presto.
Ovviamente non ho la sfera di cristallo e non so se e quando ciò accadrà di nuovo. Ma se la storia deve insegnarci qualcosa, cari amici milanisti, non può insegnarci che un Diavolo non si da mai per morto!Andreas Andersson

(Per la cronaca, il Milan quell’anno terminerà al decimo posto in classifica.)

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