Nazionali precoci: i giovani esordi Azzurri

L’approdo di Roberto Gagliardini (ho cercato di dettagliarne pregi, difetti e prospettive in questa scheda tecnica) in Azzurro, con solo una manciata di presenze in Serie A alle spalle, ha generato un po’ di sbigottimento. Eppure la storia dei nazionali precoci affonda le sue radici agli albori della nostra rappresentativa, non è certo una novità portata dalla gestione Ventura.

L’idea di questo pezzo mi è venuta dopo aver postato su Facebook e Twitter l’ipotesi di Nazionale pensata da Squawka in vista dell’Europeo 2020.

Nella stessa vi è infatti la presenza di Moise Kean, attaccante classe 2000 in forza alla Primavera della Juventus, all’ala sinistra.

Una cosa che ha scatenato una ridda di commenti – quando non delle vere e proprie ire – su entrambi i social network.

Eppure la questione è semplice: se parliamo della Nazionale italiana che giocherà l’Europeo tra tre anni e mezzo NON POSSIAMO basarci sul valore attuale dei calciatori, bensì dobbiamo valutarne le prospettive e basarci su quelle.

E’ chiaro poi che ognuno di noi – che l’ha visto giocare, e siamo in pochi – può dare una valutazione diversa del giocatore.

Il punto è che non ha senso dire “non ha ancora dimostrato nulla, non va messo in formazione”.

Secondo questo presupposto, ad esempio, tre anni e mezzo fa (ma anche solo un anno fa!) non si sarebbe accettata la presenza di Donnarumma, che pure oggi è un giocatore assolutamente degno di vestire l’Azzurro.

O, ancora, nessuno nel 2002 avrebbe detto che Fabio Grosso avrebbe giocato il Mondiale tedesco: terminava la sua prima stagione in Serie A a Perugia, proveniente dalla C2. Chi mai l’avrebbe preso in considerazione?

Ma venendo ad un inamovibile della formazione attuale, il Gallo Belotti, chi quattro anni fa avrebbe detto che potesse diventare un indiscutibile del nostro attacco?

Nel 2013 terminò la sua prima stagione da titolare nell’Albinoleffe, segnando 12 reti in Prima Divisione. Nella successiva ne fece dieci in Serie B, con la maglia del Palermo.

Eppure oggi non si vedono centravanti migliori, in Italia…

Andrea Belotti

Insomma, potrei andare avanti ore ad elencare situazioni di questo genere.

Il punto è questo: molto spesso, anzi in continuazione, ci sono giocatori che fino a poco tempo prima non venivano considerati che si impongono, fino anche ad entrare nel giro Azzurro.

La storia dei nazionali precoci affonda le radici a quasi un secolo fa, quando Raffaele Costantino – ex ala del Bari – venne convocato dall’allora C.T. Augusto Rangone senza che avesse mai giocato un solo minuto in Serie A.

Tra i primi giocatori del meridione ad entrare stabilmente in Azzurro, Costantino giocò le prime sei partite con la Nazionale da giocatore della nostra Cadetteria. Un qualcosa che ad oggi verrebbe visto quasi come un vilipendio alla nostra maglia!

Di nazionali precoci in questo senso, del resto, nella storia del calcio italiano ce ne sono stati solo altri due: uno è Massimo Maccarone, che esordisce il 27 marzo del 2002 da giocatore dell’Empoli; l’altro è Marco Verratti, che bagna il suo esordio il 15 agosto del 2012, diventando il terzo calciatore nella storia del clan Azzurro ad aver indossato quella maglia con zero minuti di Serie A all’attivo.

Un onore che venne solo sfiorato da Daniele Carnasciali nel 1993: all’epoca la sua Fiorentina militava in Serie B (vincendo il campionato) e proprio quell’anno il prodotto delle giovanili della Sangiovannese venne convocato, senza però scendere in campo.

Poi c’è stata una lunga sfilza di nazionali precoci anche per quanto poco avessero giocato in Serie A.

Pensate a questo stesso ciclo Ventura, in cui sono stati chiamati il Gagliardini citato ad inizio del pezzo o il milanista Lapadula, entrambi con non più di qualche manciata di massimo campionato sul groppone.

Ma in questo senso la lista dei nomi è davvero corposa, e mi sarebbe impossibile citarveli tutti.

Mi limiterò quindi a farne solo qualcuno, giusto per rendere l’idea.

Totò Schillaci

I più giovani tra i miei lettori non lo ricorderanno certo, e la mia stessa mente è annebbiata in relazione a ciò. Ma il Mondiale italiano del 1990 fu segnato dai goal di un certo Totò Schillaci, un giocatore che venne convocato per la prima volta in Nazionale con una ventina di presenze in A alle spalle, dopo ben sette stagioni giocate tra Serie B e C in quel di Messina.

Un giocatore che disputò da protagonista assoluto il Mondiale di quell’anno, che chiudemmo al terzo posto, con trenta sole partite nel nostro massimo campionato alle spalle…

Tra i nazionali precoci di questo genere possiamo quindi annoverare anche un altro Totò, Di Natale.

L’ex stella dell’Udinese esordì infatti sotto la gestione Trapattoni, nel novembre del 2002: non più di dieci le sue presenze nella massima serie in quel momento, sedici le reti segnate in Cadetteria nel corso della stagione precedente.

E che dire poi dell’eroe del Mundial ’82, quel Pablito Rossi che vestì per la prima volta l’Azzurro nel dicembre del 1977?

21enne di belle speranze, aveva sei spezzoni di gara con il Como più quell’inizio di stagione in maglia Vicenza alle spalle, oltre ad una bella stagione di B disputata l’annata precedente.

Insomma, sono tanti i giocatori nella storia capaci di passare dal “nulla” (che poi, la Serie B certo non la si può considerare nulla!) ad un esordio nel giro di pochi mesi.

Continuando nel nostro viaggio tra i nazionali precoci veniamo al fulcro della questione: i giovani!

Il più giovane esordiente in assoluto nella storia della nostra rappresentativa pare sia Renzo De Vecchi con 16 anni, 3 mesi e 23 giorni.

Dico pare perché non c’è la certezza della data di nascita di Rodolfo Gavinelli, che giocò contro la Francia nel 1911. Non si sa se avesse più o meno dei 16 anni di De Vecchi!

Nazionali precoci

Esclusi questi due il più giovane è il buon Gianluigi Donnarumma, vestitosi di Azzurro a 17 anni, 6 mesi e 4 giorni.

Un’età molto verde. Così verde che gli ha permesso di battere – anzi, stracciare – Giuseppe “lo Zio” Bergomi, che esordì all’età di 18 anni, 3 mesi e 23 giorni in amichevole contro la Germania dell’Est, per poi laurearsi campione del mondo pochi mesi più tardi.

Venendo a tempi più recenti, giugno 2009, troviamo un altro esordiente diciottenne.

Fu Davide Santon, che scese in campo contro l’Irlanda del Nord a 18 anni, 5 mesi e 4 giorni.

Il prodotto del vivaio interista purtroppo non ha mantenuto le promesse, ma il discorso non cambia: di nazionali precoci ne è piena la nostra storia. Chi oggi gioca in Primavera potrebbe tranquillamente trovarsi in Azzurro tra qualche mese, figuriamoci qualche anno!

Che dire poi di Gianni Rivera, campionissimo del nostro calcio nonché esordiente a 18 anni e poco meno di 9 mesi?

O ancora la sfilza di diciannovenni (da Mancini a Balotelli, passando per Corso, Buffon, Maldini, Verratti ed El Shaarawy) capaci di vestire per la prima volta l’Azzurro in tenerissima età?

Quella dei nazionali precoci, per età o per scarsa esperienza, è una storia lunga ed interessante, piena di talenti più o meno mantenuti.

Una storia che sicuramente si ripeterà ancora molte altre volte.

Ecco perché quando si parla di prospettive non ha il minimo senso rispondere “non ha dimostrato ancora nulla”.

Le prospettive proprio questo sono: ciò che un giocatore non ha ancora mostrato ma cui potrà arrivare!

Davide Santon


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