Uno contro uno, fondamentale che va scomparendo nel calcio italiano

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Un mesetto fa feci un post su Facebook e Twitter che riscosse abbastanza successo. Ve lo riporto qui:

Un’idea che mi sono fatto senza basi scientifiche, ma semplicemente guardando le partite. Ecco, un disclaimer in questo senso: partite ne vedo a decine ogni mese. Quindi, se non altro, la base di valutazione è ampia.

Ma davvero l’uno contro uno sta scomparendo nel nostro calcio?

A mio modesto avviso, purtroppo sì. Ovvio, non si può dire che scomparirà del tutto. Ed anzi, così come ora è un gesto tecnico in contrazione può essere che tornerà a crescere, in futuro, il numero di interpreti capaci di dilettarsi in questo fondamentale.

Ma ad oggi, guardando il calcio italiano a vari livelli (dalle giovanili, alla Serie A, fino alla Nazionale maggiore) l’idea che mi sono fatto è quella.

Pensate proprio alla Nazionale: chi salta l’uomo? Praticamente nessuno. L’unico, un minimo, è Giovinco. Usato come arma a partita in corso, in questi primi match è subentrato dando un po’ di verve alla squadra e mettendo assieme qualche dribbling. Ma poi poco altro.

Lo stesso si può dire per i settori giovanili, con rappresentative comprese. Io guardo tutti i match che posso, e se penso che un tempo i Del Piero, i Totti, i Moriero o i Bruno Conti erano la normalità mi viene male. Oggi i nostri giovani sono per lo più “appiattiti” da un sistema formativo che insegna loro a non stare mai fuori posizione per non scoprire la squadra, ma difficilmente coltiva la loro predisposizione a saltare l’uomo e creare superiorità numerica.

Insomma, in Italia mi pare che negli ultimi anni si sia dato il via ad una demineralizzazione del talento che si certifica proprio in questa sempre più marcata pochezza per quanto concerne le situazioni di uno contro uno.

Certo, un discorso come questo dovrebbe essere supportato da numeri. Perché altrimenti resta una tesi un po’ campata per aria, con tanto di commenti tipo “sei un catastrofista” o “sei un hater” annessi.

Ora, partendo dal presupposto che chi mi conosce o segue da tempo sa che nulla ho più a cuore del calcio italiano, qualche dato interessante in merito – pur non essendo io uno statistico – l’ho anche trovato.

La questione è semplice: vedendo il buon impatto sul campionato che stanno avendo Dybala e Perotti ho iniziato a ragionare sul fatto che siano tra i pochi giocatori in Italia, appunto, a saltare l’uomo.

Entrambi, per altro, hanno origini e passaporto italiani, pur essendo e sentendosi argentini.

Proprio dalle discussioni partite sull’eventuale italianizzazione dei due (Dybala non ha presenze in Nazionale maggiore, Perotti due ma entrambe in amichevole) è quindi nato tutto questo discorso nella mia testa, che ho concretizzato qui oggi.

Numeri, dicevo. Ecco, l’idea è stata quella di affidarsi ad un sito riconosciuto come WhoScored per andare a vedere chi sono i giocatori con più dribbling riusciti a partita. E proprio come avevo postulato nelle mie tante riflessioni, ecco il dato che immaginavo: non ci sono calciatori italiani tra i primi 10 giocatori con più dribbling compiuti in Serie A.

Il primo Azzurro, infatti, è Franco Brienza (dodicesimo). Che per altro Azzurro formalmente non lo è, dato che la maglia della Nazionale non l’ha mai vestita. Più o meno lo stesso discorso vale anche per Sansone, Verdi ed Okaka, gli altri tre italiani presenti nei primi venti posti della classifica (questi ultimi due rispettivamente ventesimo e diciannovesimo, per altro).

Insomma, il fatto che l’uno contro uno sia un gesto tecnico in cui siamo sempre più carenti non sembra essere solo una mia riflessione, ma un vero e proprio dato di fatto. Ed è un dato in cui si concretizza, almeno parzialmente, la crisi del nostro calcio: un calcio con sempre meno qualità ed idee, che anni fa ha venduto l’anima ad un tatticismo esasperato, restando ancorato ad un passato che non esiste più.

Come provare a ripartire? Tornando a puntare sul talento, sugli spunti individuali, sull’intensità di gioco. Perché intendiamoci, la tattica è importante. Ma non può essere tutto.

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1 commento

  1. Purtroppo vige la regola del “prima non prenderne e poi vedere di farne uno”.
    Io cerco di allargare lo scenario a disposizione allora: quali tecnici fanno della creazione di superiorità numerica un loro requisito per – ricordando che il calcio è nato come sport di offesa, di offensività, di divertimento, di 5-0-5/2-3-5 ideato da Thomas Mitchell – fare gol?
    Al momento (17/12/2014) vedo solo il solito, supremo, inimitabile Zeman, seguito dal buon Gasperini. Il resto delle squadre – a partire dal Napoli che sembra non trovare un equilibrio decente e arrivando all’Empoli che se avesse delle individualità superiori a mio parere per il gioco che esprime di partita in partita meriterebbe posizioni ben più altisonanti – giochicchiano, si affidano alla giocata di reparto, a ripartenze, alle palle inattive.
    Si è persa la vera voglia di divertire. Di avere i nostri Campioni che dribblano il Mondo intero e ci portano a traguardi veri.
    Non per divagare in cose che poco c’entrerebbero, ma l’Italia “tutto possesso palla” formata da Prandelli è il chiaro esempio di come noi “Sistema Italia” siamo indietro sia per mentalità che per ritmi. Prandelli si è riparato con quella mossa perché ha riconosciuto l’inferiorità rispetto agli altri.

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