Antonio Valencia e la regressione del calcio mondiale

Luis Antonio Valencia Mosquera sarà il protagonista di questo articolo.

Antonio Valencia



O forse anche solo la scusa per parlarvi di un’idea che mi frulla in testa già da un po’. E che la sua evoluzione ben plastifica, per quanto certo non sia un unicum storico.

ANTONIO VALENCIA

Nato il 4 agosto del 1985 a Nueva Loja (capoluogo della provincia di Sucumbíos, Ecuador), Antonio Valencia iniziò la propria carriera in patria per poi sbarcare solo ventenne in Spagna, tra le fila del Villarreal.

A gennaio il passaggio in prestito al Recreativo Huelva, dove le 6 reti in 12 gare spinsero il Wigan ad aprire il libretto degli assegni per assicurarsene i servigi.

Ai Letics restò giusto tre stagioni. Poi il passaggio al Manchester United, dove gioca tutt’ora – ottavo anno consecutivo, più di 260 le presenze totali – e dove ultimamente gli è anche capitato di indossare la fascia di capitano.

Facilmente identificabile come il calciatore ecuadoriano più forte della sua generazione, Antonio Valencia ha messo assieme 87 presenze con la maglia della Tri, a cui sarebbe giusto addizionare le 23 (con tanto di 17 reti all’attivo) totalizzate in precedenza con l’under 20.

Il suo palmares è discretamente ricco, contando sulla presenza di 11 trofei, di cui uno vinto con la maglia dell’El Nacional e gli altri tutti coi Red Devils.

El Ferrari, questo il suo soprannome, è altresì famoso per essere stato individuato dalla FIFA nel 2013 come il calciatore vivente all’epoca più veloce del mondo: coi suoi 35.1 km/h Antonio Valencia dimostrò infatti di saper correre palla al piede più velocemente di chiunque altro.

Antonio Valencia

Da Bale ad Aaron Lennon, da Cristiano Ronaldo a Leo Messi.

GLI ESORDI:
L’ALA CHE FU

La prima parte della propria carriera Antonio Valencia la visse da esterno alto, di centrocampo o d’attacco che fosse.

La sua velocità era sfruttata proprio lì, sull’esterno di destra, per provare a mettere in difficoltà le difese avversarie.

Con un piccolo problema: se si vuole essere un’ala offensiva di livello, nel calcio moderno, è necessario portare in dote un certo numero di gol.

Se la cosa non sembrò essere un problema nei suoi inizi di carriera, dove come abbiamo visto tra under 20 e Recreativo Huelva il feeling con la porta non sembrò mancare, le cose cambiarono con lo sbarco in Inghilterra.

Probabilmente a causa dell’innalzamento del livello, infatti, la sua vena realizzativa si seccò.

Tanto che al Wigan segnò solo 7 reti in tre stagioni, bottino pur eguagliato il primo anno allo United (con comunque 49 partite all’attivo).

Antonio Valencia però, pur senza volerlo, si era trovato un ingrato compito: non far rimpiangere il partente Cristiano Ronaldo.

Fu proprio lui, infatti, il primo acquisto di Sir Alex Ferguson successivo alla cessione del fenomeno lusitano al Real Madrid.

Impresa improba per chiunque quella di non far rimpiangere un giocatore che aveva realizzato 91 reti nel corso delle tre stagioni precedenti!

Cristiano Ronaldo

LA TRASFORMAZIONE:
ANTONIO VALENCIA DIVENTA TERZINO

La prima presenza come terzino Antonio Valencia la fece nell’ormai lontano 20 settembre 2011, in un match di Coppa di Lega contro il Leeds United.

Anche se si dice che Sir Alex Ferguson avesse capito già durante la sua prima stagione allo United le capacità difensive del ragazzo. In particolar modo in un match di campionato contro il Chelsea, dove annullò la propulsione offensiva di uno dei migliori terzini sinistri del mondo, un certo Ashley Cole.

Quella sera del settembre 2011, comunque, la formazione schierata dal tecnico scozzese fu assolutamente sperimentale, con il debuttante Zeki Fryers al centro della difesa affiancato dall’adattato Micheal Carrick, il giovane Fabio sulla corsia di sinistra con El Ferrari ad esordire come terzino destro.

Fu proprio quella sera che Antonio Valencia iniziò la sua trasformazione in esterno difensivo.

Da lì in poi infatti un esperimento che a molti sembrò campato per aria iniziò a diventare condizione stabile, se è vero che il ragazzo di Nueva Loja giocò da titolare in quel ruolo anche le due gare successive.

Il cambio di ruolo in realtà non fu preso benissimo dal ragazzo.

Certo, da grande professionista qual è sempre stato si mise a disposizione totale del mister, soprattutto perché lo stesso ne ipotizzava l’impiego lì solo per un breve periodo di tempo.

Però le sue parole all’epoca furono chiare:

Sono ovviamente felice di essere utile alla squadra, ma mi sento più a mio agio nella mia posizione naturale.

Come biasimarlo, del resto?

Antonio Valencia

Quando per anni giochi in una certa posizione del campo, quando ti formi come calciatore giocando in un certo ruolo, diventa ovviamente e logicamente difficile vedersi altrove.

IL CONSOLIDAMENTO:
NASCE UN NUOVO ANTONIO VALENCIA

Decisivo nella definitiva trasformazione di Antonio Valencia in terzino fu Louis van Gaal.

Ferguson ebbe infatti l’intuizione, ma sotto la sua guida El Ferrari giocò esterno difensivo solo dieci volte.

Poi fu la volta degli interregni di Moyes e Giggs, che lo fecero giocare lì solo una volta a testa.

Infine a sbarcare sulla panchina dei Red Devils fu proprio il santone olandese, che decise di rendere sistemica e strutturale la mutazione genetica di Antonio Valencia.

Sotto la sua guida, infatti, il ragazzo smise del tutto di essere un esterno offensivo, ruolo che non ricoprì mai nei due anni in cui l’ex tecnico dell’Ajax sedette sulla panchina dell’Old Trafford.

L’occasione in cui lo schierò più offensivo fu nel settembre del 2014, in un match di Premier contro l’Everton.

Quella volta Van Gaal lo adoperò infatti come mezz’ala in un centrocampo a rombo.

Un ruolo ancora diverso rispetto a quello di esterno di centrocampo o attacco in cui era stato solitamente schierato in carriera, a conferma una volta di più dell’incredibile capacità di adattarsi a più ruoli e contesti tattici che caratterizza il ragazzo.

La trasformazione definitiva in terzino avvenne quindi proprio in quella stagione, quando anche complici i diversi infortuni che si abbatterono sulla retroguardia dello United Antonio Valencia disputò 13 partite da titolare come terzino destro, iniziando finalmente a trovarsi davvero a proprio agio:

Mi piace molto, sono felice lì. Le cose funzionano bene, ho giocato su buoni livelli in questa stagione.

Antonio Valencia

A tre anni e mezzo dalla sua ultima apparizione come ala possiamo dare quindi per conclusa la metamorfosi di Antonio Valencia in esterno difensivo.

LE QUALITA’:
I PERCHE’ DELL’EVOLUZIONE

Perché Antonio Valencia si è trasformato da ala terzino?

Semplice: perché ha tutte le caratteristiche giuste per poterlo fare.

Non solo: ha le caratteristiche ideali per disimpegnarsi come terzino anche meglio che non come esterno offensivo, almeno ad un certo livello.

Forza fisica, velocità in allungo, capacità di tackle, intelligenza tattica, spirito di sacrificio, resistenza allo sforzo, adattabilità.

Tutte doti, quelle appena elencate, che potete trovare in grandi quantità nella faretra del ragazzo di Nueva Loja, e che come potete capire facilmente tutti paiono più ideali per un terzino che non per un’ala.

Del resto come ho detto in precedenza un’ala moderna deve garantire anche un certo numero di gol. Altrimenti il suo apporto non risulta sufficiente.

Ed in questo senso Antonio Valencia in carriera non si è mai nemmeno avvicinato alla doppia cifra.

Insomma, il suo cambio di ruolo sembra un qualcosa di naturale, quasi dovuto.

Soprattutto in un calcio che, come vedremo ora, sembra stia tornando ad una fase adolescenziale di centralità della fase offensiva.

Antonio Valencia

CAMBIAMENTO DI RUOLO
O REGRESSIONE DEL CALCIO?

C’è un’idea che mi frulla in testa da ormai qualche mese: è possibile che il calcio stia regredendo?

In psicanalisi la “regressione” è quel meccanismo di difesa che consta nel tornare a fasi precedenti del proprio sviluppo psichico.

Nel calcio stiamo assistendo a qualcosa di simile: sembra che negli ultimi anni il calcio stia tornando ad essere più offensivo.

Più simile a quello immaginato dai padri fondatori.

Ecco, magari non proprio il kick&run degli albori né il primo rudimentale tentativo di dare un senso tattico al gioco concretizzatosi nella Piramide di Cambridge, ma una spinta smaccatamente offensiva che in qualche modo vada a destrutturare l’attenzione spasmodica alla fase difensiva che l’ha fatta da padrona per qualche decennio sembra esserci.

Questa idea, per altro, ho visto fosse stata lanciata già da Gary Neville, guarda caso proprio ex terzino destro dello United.

In un suo pezzo scritto ormai quasi quattro anni fa per il Telegraph, l’ex difensore della nazionale inglese si chiese se il calcio non stesse tornando ad un forma simile a quella degli anni ’40 e ’50, abbandonando l’organizzazione difensiva spasmodica dei decenni ’70 (che pure, giova ricordarlo, furono caratterizzati dalla nascita del Calcio Totale), ’80 e ’90.

Proprio così, quindi, potrebbe spiegarsi la metamorfosi di Antonio Valencia, diventato da ala a terzino.

Il calcio sembra stia tornando agli albori, ad una fase adolescenziale in cui la ricerca marcata di una fase offensiva diventa primigenia rispetto a quella di difesa.

Aranycsapat

E’ vero, El Ferrari non è il primo esterno offensivo a diventare difensivo.

In Italia abbiamo avuto uno splendido esempio in questo senso: Gianluca Zambrotta, che una volta arretrato il suo raggio d’azione divenne uno dei terzini migliori al mondo.

[Qui mi preme citare anche, tra i tanti esempi possibili, quello di Serginho, per fare contento l’amico Paolo Cattane]

Oggi però sembrano essere sempre di più i giocatori che arretrano il proprio baricentro per mettere a disposizione le proprie doti tecniche alla fase di costruzione bassa.

Il calcio, dopo qualche decennio di stanca, sta tornando a diventare un gioco smaccatamente offensivo, in cui segnare un gol in più sta tornando ad essere più importante che subirne uno in meno.

E proprio di questa regressione ad uno stato precedente il buon Antonio Valencia sembra essere perfetta plastificazione.


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