Gli eventi di SM – Seconda conferenza annuale sul calcio professionistico in Europa – La tavola rotonda

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Questa mattina ho avuto il piacere di partecipare, naturalmente come pubblico, alla seconda conferenza annuale sul calcio professionistico in Europa organizzata dall’Università LIUC nell’ambito del percorso in Management dello Sport attivato lo scorso anno dall’ateneo.

Il convegno, cui è purtroppo mancata la partecipazione del Presidente UEFA Michel Platini, si è diviso in due momenti: dapprima il docente Liuc – nonché ex Direttore Generale dell’Inter – Ernesto Paolillo ed il partner di PwC Emanuele Grasso hanno illustrato i risultati della ricerca a loro commissionata da ECA (European Club Association) su “Trasferimenti dei calciatori e distribuzione dei risorse” (ne parlerò più approfonditamente in post ad hoc). Poi si è dato spazio al panel di esperti convocati per l’occasione: Giancarlo Abete (Presidente FIGC), Mario Macalli (Presidente Lega Pro, ha sostituito Maurizio Beretta, Presidente Lega Serie A), Michele Centenaro (Segretario Generale ECA), Umberto Gandini (Vicepresidente ECA e Direttore Organizzazione sportiva Milan), Giorgio Marchetti (Direttore competizioni UEFA) e Giuseppe Marotta (Amministratore Delegato Juventus).

Proprio da questa tavola rotonda sono usciti spunti e considerazioni interessanti, che vorrei condividere con chi di voi non è potuto essere presente stamattina a Castellanza.

Il discorso del Presidente Abete è partito sovvertendo un po’ l’incipit da cui erano partiti Paolillo e Grasso: “Quelle calcistiche sono aziende atipiche. L’aspetto economico deve essere strumentale a quello sportivo. Il calcio è un fenomeno sociale”.

Una considerazione con cui mi sento di concordare al cento per cento. Perché se è vero che i conti devono essere in ordine, è altrettanto vero che non si sta parlando di aziende il cui unico fine possa essere il profitto. Anzi, le stesse più che a produrre surplus di denaro dovrebbero tendere al raggiungimento dei migliori risultati sportivi. Cosa che ultimamente sembra quasi essere messa in secondo piano da qualcuno.

“Il saldo – di mercato – attivo dimostra le difficoltà del sistema Italia”, dice Abete. Ed è vero, laddove se introitiamo più di quello che spendiamo all’estero, significa con ogni probabilità – e così è – che dall’altra parte abbiamo una preoccupante emorragia di talento. “Le spese restano comunque sproporzionate rispetto alla qualità di ciò che viene acquistato”, ha continuato il Presidente Abete. Ed anche qui, come dargli torto? Come si evincerà dai dati che riporterò prossimamente emersi dalla ricerca di cui sopra, l’Italia investe molto all’estero, soprattutto in Sud America. Ma i risultati in ambito europeo scarseggiano. Ed anzi, rispetto a diversi anni fa, quando gli stranieri presenti sul nostro territorio erano circa la metà di oggi, sono peggiorati drasticamente.

Un altro problema sollevato da Abete è stato quello della redistribuzione, diciamo così, verticale: “La redistribuzione del denaro verso le società di B e Lega Pro non è sufficiente”, la considerazione di Abete. Con le società delle nostre serie minori sempre più in difficoltà, anche proprio per via di quel meccanismo che porta i nostri club più danarosi a spendere all’estero piuttosto che in Italia.

Ecco quindi, per tornare alla considerazione iniziale, che “Occorre una politica aggregata economia e sport”, nel calcio del domani. Affinché a buoni risultati economici possano tornare ad affiancarsi anche i trofei.

In ultimo il Presidente della FIGC è stato sollecitato, da uno dei ragazzi presenti in sala, in materia di comproprietà. La risposta, in questo caso, è stata inequivocabile: “L’istituto delle comproprietà rappresenta un unicum a livello internazionale e va superato, recando anche in seno problemi di natura fiscale. Sono convinto verrà comunque superato in tempi piuttosto brevi”.

Poi il noto giornalista Gianluca Di Marzio, moderatore del convegno, ha dato la parola al Segretario Generale dell’ECA Michele Centenaro, che ha espresso due concetti chiari: il calcio va sempre più verso una sorta di sovranità europea e non nazionale, e la politica di trasferimento attuale è vitale per i club medio-piccoli, che traggono spesso una fetta importante dei propri introiti dal mercato.

La parola è quindi passata al Direttore Competizioni UEFA Giorgio Marchetti, che ha ricordato come “L’attuale sistema dei trasferimenti fu salvato dalla Commissione Europea su pressione delle Leghe e della UEFA per due motivi: dare stabilità al roster delle squadre – cosa reputata necessaria per garantire uno svolgimento sensato a tutte le competizioni – e redistribuire le risorse”.

Nel suo intervento Marchetti ha poi sollevato altri due problemi su cui, personalmente, credo la Confederazione Europea delle Federazioni debba porre rimedio presto: i soldi che vengono intascati dagli agenti (il 15% è ritenuta una cifra spropositata) ed i fondi privati che, sempre più, intervengono sulla compravendita dei calciatori, ormai anche qui in Europa (in Spagna e Portogallo sono praticamente stati istituzionalizzati, laddove secondo me andrebbero assolutamente aboliti e vietati). Un meccanismo, quest’ultimo, che contribuisce alla crescita dei prezzi di mercato, che ormai gravitano su cifre sempre più folli.

Direttore Competizioni UEFA che ha chiuso il proprio intervento con una domanda, cui si è risposto da solo a nome della Confederazione che rappresenta: “Il calcio deve essere strumentale ai profitti privati? No”.

Stimolato da uno dei ragazzi presenti in sala sulla possibilità di costituire un salary cap a livello europeo, ha infine così risposto: “Sono almeno vent’anni che ci si pensa. Ma non è una soluzione attuabile. Negli Stati Uniti la legislazione è differente rispetto che in Europa. Il Financial Fair Play, comunque, può essere inteso come una sorta di salary cap”.

A fargli in qualche modo eco il Presidente della Lega Pro Mario Macalli, che ha dato vita ad un vero e proprio show (applauditissimo da tutti i presenti nell’aula magna).

Interessante, in particolare, la sua lettura della solita tiritera sui club che investono all’estero anziché acquistare dalle serie minori: “Non è vero che i nostri giocatori di Serie B e Lega Pro costano troppo. Si acquista all’estero perché più semplice farlo. Per acquistare all’estero non è necessario dare garanzie bancarie che sono invece indispensabili quando si acquista in Italia”.

Ecco risolto questo grande dilemma dai prezzi teoricamente più gonfi all’interno dei nostri confini…

Non solo questo, comunque: “Le leggi sono antiquate, risalgono a quando ancora si giocava con un pallone di pezza. Oggi si gioca con palloni tecnologici, eppure lo Stato non fa niente per cambiarle”. E ancora: “Le percentuali (15% circa, ndr) che leggete vanno in tasca agli agenti sono da raddoppiare”. “Non credete a chi dice che il calcio è una scienza esatta. Non può essere sottoposto alle classiche regole industriali. Va gestito col buon senso”.

La sua chiusura è invece stata riservata alla questione dei prestiti. In risposta alla considerazione fatta da Paolillo riguardante il fatto che la maggior parte dei prestiti in Europa viene effettuata a titolo gratuito il Presidente Macalli ha risposto con questa divertente ma soprattutto interessantissima metafora: “Vengo da una zona dove si produce molto prosciutto. Quando noi dobbiamo mandare un prosciutto a stagionare paghiamo per farlo. Perché con i calciatori succede il contrario?”

Quindi la parola è passata ad Umberto Gandini, come detto Vicepresidente di ECA e Direttore Organizzazione Sportiva del Milan.

Quattro sono stati i punti principali toccati dal suo discorso:

  1. Il sistema dei trasferimenti attuale funziona, ma è migliorabile.
  2. La libera circolazione dei giocatori, effetto della legge Bosman, produce un duplice effetto negativo: aumenta i costi per le società, diminuendo però nel contempo il fattore solidale all’interno del mondo del calcio.
  3. I fondi privati, come detto, portano ad una inflazione dei costi (necessaria a far guadagnare i fondi stessi).
  4. Altra distorsione creata dalla legge Bosman è stata la facilità di fare acquisti all’estero.

Infine è stata la volta dell’Amministratore Delegato della Juventus Giuseppe Marotta, che ci ha tenuto subito a sottolineare come la sua società sia la “Unica in Europa con un Liceo al proprio interno”. Chiaro anche il modello di riferimento: “Allestire una squadra competitiva per vincere. Mantenendo comunque, anche grazie ai successi, l’equilibrio economico”.

Una stoccata agli agenti dei calciatori è arrivata anche da parte sua: “Guadagnano più del servizio che offrono. Questa è una anomalia”. Non solo. Punto importante, almeno secondo chi scrive, quello dell’armonizzazione europea. In primis, a livello di tassazione: “Cinque milioni netti di stipendio equivalgono a dieci lordi in Italia. A sette lordi in Turchia”.

La chiosa, prima di rispondere all’immancabile domanda fatta da Di Marzio sul futuro di Conte, è stata riservata al movimento calcistico italiano: “L’Italia ha rappresentato un valore importante nella storia del calcio mondiale, per vittorie, allenatori e giocatori di talento. Ecco perché la Juventus si impegna nella valorizzazione dei giocatori piemontesi prima ed italiani in generale”.

E proprio con la risposta riguardante il futuro dell’attuale allenatore Bianconero si è chiusa questa interessantissima tavola rotonda: “La nostra priorità è trattenere Antonio Conte”.

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