Real Marketing: dove l’immagine conta più delle qualità

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Personalmente vedo il calcio in un certo modo. Che tenderei a definire “giusto”, anche se capisco da me che non possa esistere una linea univoca di intendere le cose.

Fondamentalmente penso che una società debba essere gestita seguendo una linea programmatica chiara: obiettivi precisi, strategie definite, competenze consolidate.

Non che questo sia l’unico modo per “riuscire”, nel calcio. E proprio noi italiani, che programmiamo solo raramente, ne siamo un “ottimo” esempio.

Di certo, però, mi sembra la soluzione più razionale per provarci.

Insomma, un po’ tutto il contrario di quanto faccia il Real Madrid, che mi verrebbe da chiamare più che altro “Real Marketing”…

Riavvolgiamo il nastro.

15 maggio 2002, Hampden Park. Il Real Madrid di Casillas, Hierro, Roberto Carlos, Makéléle, Figo, Zidane e Raúl si laurea campione d’Europa battendo il Bayer Leverkusen di Lucio e Ballack.

Una vittoria, la nona nella storia della Casa Blanca, che proietta la squadra verso un ipotetico futuro di trionfi ad ogni livello.

Invece le cose andranno diversamente.

Negli undici anni successivi il Real Madrid non tornerà mai più in finale di Champions, riuscendoci solo al dodicesimo tentativo (lo scorso anno, quello della Decima).

Nello stesso periodo la squadra legata alla famiglia reale non ha avuto molta più fortuna nemmeno in patria.

L’anno successivo riuscì a vincere il titolo, ma in una annata particolare, in cui Valencia e Barcellona terminarono rispettivamente al quinto e sesto posto, con la Real Sociedad seconda a due soli punti dai Blancos.

Da lì in poi, quindi possiamo dire negli ultimi 13 anni, il Real Madrid ha saputo vincere solo un totale di quattro campionati (contro i sette del Barça) e una Champions (contro le tre del Barcellona, che potrebbe portare il conto a quattro vincendo il 6 giugno contro la Juventus).

In realtà, intendiamoci, non vincere non può essere sempre un dramma. Perché a vincere può essere una sola squadra alla volta.

Il problema semmai sorge quando si fa il rapporto tra i soldi spesi ed i trofei ottenuti. E allora lì sì che si inizia a storcere il naso.

https://twitter.com/sciabolatablog/status/598880454415093760

Un miliardo e duecentosettantaquattro milioni sono tantissimi, se si pensa che sono stati spesi in dodici anni. Significa qualcosa più di cento milioni – in media – ogni anno.
Coi risultati che abbiamo visto.

L’anno dopo la vittoria della nona Champions League il mercato fu quasi parsimonioso, almeno in relazione a quelli che verranno.

(Aprite le immagini in altra scheda per vederle più chiaramente)

Il Real Madrid piazzò un colpo da novanta come Ronaldo, per puntellare poi la rosa con alcuni giocatori della cantera.

Ronaldo che si era appena laureato capocannoniere e campione del mondo tra Giappone e Corea, ma che pur rimanendo un giocatore dalla classe cristallina non era già comunque più il super fenomeno che mostrò di essere tra Barcellona e Milano.
Però certo, a livello di marketing era un acquisto con pochi pari.

Il campionato, come detto, venne vinto con due sole lunghezze sulla Real Sociedad, mentre in Champions League il Real Madrid cadde contro la Juventus di Nedved, in quel famoso match in cui il ceko si fece ammonire dovendo così poi saltare la finalissima disputata contro il Milan.

L’estate successiva il Real continuò con la sua politica denominata “Zidanes y Pavones”, acquistando David Beckham, giocatore glamour per eccellenza.

La fallacità del (non) progetto Blancos si concretizzò però più che altro alla voce “cessioni”: Makéléle, vera colonna portante della squadra, venne ceduto al Chelsea e la squadra ne risentì molto.

Non fu quindi un caso se quell’anno il Real in campionato arriverà addirittura quarto (prima ed unica volta negli anni duemila, ad oggi) nella Liga, uscendo ai quarti di finale di Champions League con il Monaco poi vicecampione d’Europa.

Quanto potesse servire un giocatore come Owen al Real Madrid 2004/2005 credo resti un mistero ancora oggi.

Quella squadra aveva Raul e Ronaldo, oltre a poter contare su Morientes che rientrava dal prestito al Monaco (dove aveva giustiziato proprio il Real in Champions). A completare il reparto il giovane Portillo, con comunque diversi centrocampisti offensivi a supporto.

Eppure ancora una volta si andò a cercare il nome, acquistando un ex Pallone d’Oro che purtroppo a certi livelli ci era riuscito a giocare pochissimo.

Una cosa va detta, però: il Real Marketing provò a rinforzarsi anche dietro, con l’acquisto di Walter Samuel. Ma in quel rebelott, come si dice in dialetto, che era quella squadra anche lui finì col perdesi via abbastanza.

Fatto sta che in campionato il Real chiuse quattro punti dietro il Barcellona, mentre in Champions uscì addirittura agli ottavi, eliminato ancora una volta dalla Juventus (che poi a sua volta si piegherà al Liverpool futuro campione d’Europa).

Nel mercato successivo le cose iniziano un po’ a cambiare. Il Real spende parecchio, circa 90 milioni, ma lo fa più che altro su giocatori di prospettiva.

Arrivano Ramos e Baptista dal Siviglia, Cicinho e Robinho dal Brasile, Diogo dal River e Cassano dalla Roma. Più la solita infornata di giovani (la maggior parte dei quali giocherà carriere su buonissimi livelli).

Di contro partono invece due ex Galattici come Owen e Figo, più il malcapitato Samuel.

Le cose però vanno molto male, in campionato. Il secondo posto è assicurato, ma i punti di distacco dai Blaugrana (campioni anche d’Europa) diventano dodici.
In Champions arriva invece un’altra eliminazione prematura, ancora agli ottavi. Questa volta contro l’Arsenal, che poi perderà la finalissima di Parigi.

Nel 2006 il Real sfonda il tetto dei 100 milioni e continua nell’abbandono della strategia “Zidanes y Pavones”: parte Ronaldo, si ritira Zidane, viene promosso il solo Balboa dal Castilla.

In compenso arrivano una serie di giocatori, tra cui Cannavaro ed Emerson dalla Juve post Calciopoli e Van Nistelrooy dallo United, che almeno in teoria dovrebbero aiutare il Real a vincere subito, soprattutto in Europa.

Impresa riuscita solo a metà.

I Blancos vincono infatti il campionato, anche se in maniera molto rocambolesca: arrivano a pari punti con il Barcellona, ma la spuntano grazie ad una miglior differenza reti negli scontri diretti (2 a 0 al Bernabeu, 3 a 3 al Camp Nou).

In Champions però le cose vanno male ancora una volta. Per la terza volta di fila il Real Madrid è costretto a fermarsi agli ottavi di finale, battuto questa volta dal Bayern di Monaco.

Nell’estate 2007 continua l’opera di “olandesizzazione”: arrivano Robben, Sneijder e Drenthe, con la spesa che arriva a sfiorare i 120 milioni di euro.

Complice un Barcellona non all’altezza (finirà terzo dietro il Villarreal) la Liga è per il secondo anno di fila un affare blanco, ma i tanto agognati progressi europei non arriveranno: quarta eliminazione di fila agli ottavi di finale, questa volta ad opera della Roma.

Anche nell’estate 2008 il bianco candido del Real tende a diventare sempre più arancione, con lo sbarco nella capitale spagnola di Van der Vaart e Huntelaar.

Le cose però non si può certo dire migliorino.

La Casa Blanca manca il terzo titolo spagnolo consecutivo facendosi staccare di ben nove punti dal Barcellona, che torna sul trono anche in Europa. In un’edizione di Champions League in cui il Real è ancora una volta estromesso agli ottavi di finale, dove prende una sonora lezione dal Liverpool (1 a 0 in casa, 4 a 0 in trasferta).

Cinque eliminazioni consecutive agli ottavi non sono accettabili. Così nel mercato 2009 il Real Madrid decide di fare pazzie. Spende più di 250 milioni e si accaparra uno dei due migliori giocatori al mondo, Cristiano Ronaldo. Cui aggiunge gente come Kakà – già però in calando per via di alcuni problemi fisici – Xabi Alonso e Karim Benzema.

Contestualmente inizia anche un’opera di de-olandesizzazione della squadra, con la partenza simultanea di Van Nistelrooy, Sneijder (che andrà a vincere la Champions a Milano), Huntelaar e Robben, che con Ronaldo avrebbe potuto formare probabilmente la miglior coppia d’ali della storia.

Una campagna acquisti comunque faraonica, che però non porterà i trofei sperati.

Nella Liga il Real raccoglierà un totale di 96 punti. Tantissimi. Ma non abbastanza per riuscire a battere il Barcellona, capace di raccoglierne 99.

In Champions invece nemmeno Cristiano Ronaldo sarà capace di sfatare la maledizione degli ottavi. A piegare i Blancos, questa volta, il Lione di un giovanissimo Pjanic, capace di segnare il goal qualificazione al Camp Nou.

L’estate successiva i madridisti spendono un’altra vagonata di milioni.

Arrivano Di Maria, Ozil e Khedira tra gli altri, mentre viene lasciato partire Raul, destinazione Schalke 04.

Per il terzo anno consecutivo, però, il Barcellona si dimostra più forte, e dà quattro punti ai bianchi della capitale. Non contenta la formazione di Guardiola regolerà il Real anche in semifinale di Champions, pareggiando 1 a 1 in casa dopo essersi imposta 2 a 0 al Bernabeu.

Una sconfitta che brucia ancora parecchio, dalle parti di Madrid, perché spiana ai Blaugrana la strada verso la vittoria della coppa.

Nell’estate 2011 il Real porta avanti una campagna acquisti quasi normale. Spende poco più di cinquanta milioni e si mette a pensare anche al futuro, acquistando ad esempio Raphael Varane.

Peccato che la classica bulimia di mercato, che deve sempre palesarsi almeno parzialmente, li porti ad acquistare Sahin dal Borussia Dortmund. Un doppio di Xabi Alonso, che infatti fallirà in Spagna.

Le cose andranno comunque bene in campionato, dove il Real Madrid raccoglierà ben 100 punti finendo di nove lunghezze davanti al Barcellona.

Sarà invece ancora una volta la semifinale lo scoglio invalicabile in Champions League: i tedeschi del Bayern Monaco la spunteranno ai calci di rigore, salvo poi piegarsi in semifinale al cospetto del Chelsea di Di Matteo.

L’estate successiva il Real sembra quasi una squadra povera.

L’unico acquisto di peso è quello di Luka Modric, ripagato però dalle tante cessioni remunerative che vengono chiuse.

In campionato però il Real prende ben 15 punti di distacco dal Barça, in Champions deve piegarsi al super Borussia di Klopp, che all’andata vince addirittura 4 a 1.

La Decima è però un’ossessione, ed il Real torna a spendere palate di milioni.

Il Tottenham è coperto d’oro per Bale, Isco è strappato al Malaga senza nemmeno che il Real abbia il posto – da trequartista – in cui schierarlo, dalla Real Sociedad arriva Illarramendi dopo una buona stagione (anche qui, strapagato).

Un mercato faraonico che grazie alla sagacia tattica di Ancelotti, che si inventa Di Maria mezz’ala e trova una difficile quadratura alla squadra, porta alla vittoria in Coppa dei Campioni. Ma solo al terzo posto in campionato.

Che il mercato del Real sia fatto senza un briciolo di programmazione appare chiaro guardando l’ultima campagna acquisti.

Nonostante avesse la miglior squadra al mondo in quel momento la necessità di dare nomi in pasto alla stampa ed ai tifosi ha portato il Real Marketing a disfare l’ottima macchina costruita dal proprio tecnico.

L’arrivo di James e Kroos ha portato all’addio di Di Maria e Xabi Alonso, oltre che di Morata.

Una sorta di suicidio, che ha portato la squadra a non riuscire più a trovare i giusti equilibri. Come palesato nel corso della semifinale da poco persa contro la Juventus.

E per l’anno prossimo?

Per non saper né leggere né scrivere i dirigenti della Casa Blanca hanno già impegnato 35 milioni di euro per acquistare Danilo (che con ogni probabilità andrà quindi a chiudere la possibile consacrazione di Carvajal) ed Asensio, che nel Real Madrid di oggi, pur essendo un ottimo giovane, non so quanto spazio possa trovare.

E siamo solo a maggio.

Ora di settembre quale altra mirabolante idea di marketing s’inventeranno i dirigenti Blancos!?


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2 commenti


  1. Sono tutto il contrario di intelligenze e criterio, insomma. Non a caso cacciano gli allenatori (i migliori del mondo) o al primo anno o, in caso di vittorie importanti, l’anno seguente, quando le vittorie non vengono ripetute (cioè sempre, dato che tra l’altro le formazioni vincenti vengono scompigliate).

    Tutta l’intelligenza di Madrid è coagulata in area Atletico 😉

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